Kassim Britel: appello e interrogazione parlamentare

Abbiamo già raccontato di questo
incredibile e drammatico caso in un precedente post su questo blog
: Extraordinary
rendition // Giustizia e libertà per Kassim
. La Ong britannica Fair Trials International, che a metà
novembre aveva scritto sia a D’Alema che a Mastella per chiedere che il governo
italiano intervenisse per garantire la scarcerazione di Kassim, non ha ancora
ricevuto risposta e per questo sollecita un’azione di pressione, attraverso
lettere e email, dirette sia al governo italiano che a quello marocchino. Tutti
gli indirizzi sono reperibili sul sito della Ong e sul sito Giustizia e libertà
per Kassim.

Caso Britel: nuovo appello e nuova
interrogazione parlamentare

di Enzo Mangini – fonte carta.org
Kassim BritelKassim Britel, cittadino italiano di origine marocchina,
detenuto ingiustamente nella prigione di Ain Borja, a Casablanca, in Marocco, è
arrivato al 32esimo giorno di sciopero della fame.Sua moglie Khadija Pighizzini
ha inviato un nuovo appello affinché il governo italiano mantenga gli impegni
presi più di un anno fa e faccia pressione perché il Marocco conceda la grazia
a Kassim. Continua a leggere

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Florida. Migranti ridotti in schiavitù

La denuncia in prima pagina del quotidiano britannico The Indipendent:
Florida. Migranti
ridotti in schiavitù nei campi agricoli
[The IndipendentCarta.org]

prima pagina The IndipendentMigranti costretti a lavorare in condizioni disumane,
maltrattati e costretti a indebitarsi. Accade nei campi agricoli della Florida,
negli Stati uniti, dove da dicembre a maggio viene prodotto quasi l’intero
raccolto di frutta e verdura fresca che rifornisce supermercati, ristoranti e
fast-food del paese. Decine di migliaia di uomini, donne e bambini lavorano
fino allo sfinimento per stipendi che non sono quasi mai aumentati negli ultimi
30 anni. Anche gli appelli dell’ex Presidente Jimmy Carter sono rimasti
inascoltati, ma con la Florida
destinata a diventare lo stato chiave delle prossime elezioni presidenziali,
molti sperano che la loro causa venga fatta propria dai candidati democratici
Barak Obama e John Edward. E’ il quotidiano britannico Independent a denunciare
oggi lo sfruttamento negli Stati Uniti dei raccoglitori di frutta, perlopiù
immigranti ispanici, raccontando la storia di tre di loro, riusciti a fuggire
domenica scorsa dopo essere stati tenuti prigionieri e brutalizzati dal loro
datore di lavoro per oltre un anno. Continua a leggere

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Pacchetto Sicrezza “alla moviola”

La Moviola

controllo poliziaBiosgnerà ritagliare un po’ di articoli e mettere in
archivio le videocassette dei talk show sul «pacchetto sicurezza». Solo così,
quando un giorno qualcuno ci chiederà in cosa consistesse il declino della
democrazia ai tempi del Partito democratico, potremo fargli comprendere il
susseguirsi degli eventi. Scorriamo alla moviola gli eventi degli ultimi mesi:
parlano da soli. A maggio un rapporto della polizia avverte il parlamento: c’è
un senso di insicurezza diffusa che non corrisponde alla realtà, visto che i
reati sono in calo. Intanto, il quotidiano di riferimento del nascente Partito
democratico pubblica in prima pagina una lettera di un lettore sedicente di
centrosinistra, che suggerisce al sindaco di Roma [e leader in pectore del Pd]
Walter Veltroni che «la sicurezza non è né di destra né di sinistra». Comincia
una campagna allarmista, raccolta dal sindaco di Milano Letizia Moratti, che
qualche mese prima era scesa in piazza «per la sicurezza» in una città affogata
dalle speculazioni immobiliari e dalla precarietà. A Firenze si decide che i
lavavetri sono come gli estorsori e i Sindaci Democratici di mezz’Italia
annuiscono. A Roma si cominciano a sgomberare campi nomadi. Poi, il 31 ottobre,
un fatto terribile: un cittadino romeno uccide una donna italiana. Il governo
annuncia misure repressive, espulsioni di massa e carcerazione per i venditori
ambulanti. Il decreto sulle espulsioni viola il diritto comunitario e il buon senso.
Viene impugnato in Europa e smontato in parlamento. I sindaci veneti annunciano
misure razziste. La sindaca di Milano promette che farà altrettanto. Il decreto
pasticciato passa faticosamente al senato, poi approda alla camera. Il
presidente della repubblica dice che non lo firmerà perché inapplicabile. Ieri
il governo annuncia di abbandonare il decreto.

La legge – Senza rimpianti, ma
può peggiorare

di Andrea Fabozzi – Il Manifesto 19.12.07 leggi l’articolo>>> Continua a leggere

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Immigrati, 140 mila domande per 65 mila posti

Nella Giornata del
migrante, secondo click day con meno intoppi. Si insedia la Consulta nazionale per
l’immigrazione
di Marina
della Croce – Il Manifesto
19.12.07

click day migrantiSarà stata la coincidenza con la Giornata internazionale
per i diritti del migrante, ma il secondo «click day» italiano è passato con
meno intoppi del primo. Ieri, 18 dicembre, ricorreva la firma presso
l’Assemblea generale delle Nazioni unite della Convenzione per la protezione
dei lavoratori migranti. Era il 1990.
L’Italia ancora oggi non ha ratificato il testo. Ma
intanto, ieri, si apprestava a mettere in palio i 65 mila posti (la quota più
numerosa del decreto flussi di quest’anno) tutti dedicati a chi vuole chiamare
in Italia (o, come spesso accade, mettere in regola) un lavoratore domestico o
per la cura alla persona. Anche questa volta la procedura si è svolta per via
telematica. Alle 8 e 755 millesimi di secondo il «cervellone» del Viminale ha
accettato la prima richiesta, che ha guadagnato il vertice della graduatoria. A
seguire tutte le altre. E sono state anche questa volta tantissime: 136.567. In
pratica quanto l’intero «pacchetto» messo a disposizione dal governo italiano
ai datori di lavoro: 170 mila posti. Continua a leggere

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Un corpo a corpo sulla linea del colore

La costruzione delle
differenze tra le razze ha avuto una lunga gestazione. Dalla supposta
scientificità delle differenze biologiche alla centralità delle differenze
culturali. Un’anticipazione di un saggio del filosofo francese Etienne Balibar

          Etienne Balibar
Etienne BalibarAlcuni analisti e saggisti vedono nel razzismo un fenomeno
del passato, sempre più marginale, che tenderebbe naturalmente ad affievolirsi
se non fosse «artificialmente» rinvigorito da strategie controproducenti e dagli
«effetti perversi» di definizioni e interventi istituzionali quali
l’affirmative action praticata negli Stati Uniti e le misure più o meno
equivalenti di lotta contro le discriminazioni adottate in altri paesi.
Non sono solamente i conservatori o i neoconservatori,
come il sociologo statunitense Dinesh D’Souza, autore di un libro-manifesto
sulla «fine del razzismo» pubblicato nel 1995, che credono di poter fare uso
del concetto di «razza» o di «differenza razziale», affermando al contempo che
le società moderne stanno superando i pregiudizi e le discriminazioni. Anche
alcuni intellettuali di sinistra non esitano ad affermare che le differenze
professionali, o le differenze di generazione o di sesso, tendono oggi ad
assumere, all’interno della conflittualità sociale, il ruolo che ieri era
proprio delle differenze razziali, in particolare nei paesi segnati dal
colonialismo e dalla schiavitù. Essi si presentano come i difensori di un
universalismo repubblicano che teme che la difesa delle minoranze e dei gruppi
oppressi degeneri in rivendicazioni «comunitariste», oppure cercano di
elaborare una politica di emancipazione «post-coloniale» e «postmoderna» che
permetta di passare dal discorso della razza e del razzismo a quello delle
identità multiple «nomadi» o «diasporiche», che sovvertono le tradizionali
concezioni eurocentriche della comunità.(…) Continua a leggere

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«Il mio viaggio, dall’Eritrea all’Italia»

Mussie Zerai, eritreo
che vive a Roma da più di 15 anni, è il responsabile dell’ong Habesha,
un’associazione che si occupa di accoglienza dei migranti africani. Dal viaggio
alla casa al lavoro ai documenti, Mussie racconta le difficoltà di una persona
che arriva in Italia dall’Africa. Nel suo racconto il dramma dei
migranti eritrei e, una volta di più, le gravissime responsabilità della
Fortezza Europa e dell’ Italia. «L’Europa sta costruendo un muro, e così
facendo è diventata complice delle violazioni dei diritti umani di tutti quei
paesi che si affacciano sul Mediterraneo», conclude Mussie

L’Europa costruisce muri, e
l’Italia è la prima a mettere mattoni
di Marzia Coronati
– fonte: Amisnet [sul sito sono presenti i contenuti audio]

migranti eritreiMussie Zerai, dell’ Associazione Habesha, è a Roma dal
1992. Quando è arrivato in Italia dal suo paese, l’Eritrea, possedeva un visto
regolare e il viaggio lo ha fatto a bordo di un aereo. Se volesse venire opggi
in Italia, dovrebbe prima di tutto attraversare la frontiera tra Eritrea e
Sudan. «La legge in Eritrea prevede che chiunque al di sotto di 50 anni per gli
uomini e 40 anni per le donne non possa lasciare il paese, per cui si è
costretti a fuggire di nascosto, spesso corrompendo le guardie, perchè l’ordine
del governo è quello di sparare a chi tenta di superare la frontiera», ci dice
Mussie. Una volta in Sudan, gli eritrei si ritrovano abbandonati a
se stessi. Possono solo sperare che chi è partito prima di loro li ospiti sotto
un tetto così da racimolare qualche soldo per continuare il viaggio. Spesso il
governo sudanese, di concerto con quello eritreo, organizza delle retate per
rimpatriarli. Le persone in Sudan non si sentono sicure e sono incentivate a
proseguire il viaggio verso Nord. «Se ci fossero la possibilità di presentare
la richiesta d’asilo in Sudan, con un programma di rinsediamento nei paesi
europei, tanti rischi si eviterebbero», continua Mussie. Dopo il Sudan, c’è il deserto. «Un’insidia
gigante–racconta Mussie–Paghi per andare dal Sudan alla prima città che si
incontra, Cufra per esempio, però poi a metà strada l’autista che hai pagato ti
fa scendere e tu dovrai pagare di nuovo a un secondo autista, se non hai i
soldi rimani lì, nel deserto». Molti vengono presi dai militari e trattenuti in
una delle 21 carceri della Libia, finanziate anche dal governo italiano, dopo
essere stati ripuliti di tutto quello che hanno. Anche qui si conta sulla
solidarietà di parenti e amici per farsi finanziare la liberazione e il
proseguo del viaggio. Cioè la traversata del Mediterraneo. In Italia, il primo trauma è l’impatto con i Cpt, Continua a leggere

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Sarkò picchia i senzatetto della Senna

Sarkò picchia i
senzatetto della Senna

di Anna Maria Merlo – fonte: Il Manifesto

fotogallery sgombero les enfants de don quichotteParigi. Il grande freddo è arrivato e la situazione dei
senza tetto (sdf) è drammatica come negli anni scorsi. Le promesse fatte l’anno
scorso non sono state mantenute: c’era l’impegno per 27.100 nuovi posti di
accoglienza entro la fine di quest’anno ma ne mancano «almeno 13mila», dicono
le associazioni. E il governo manda la polizia.
E’ successo sabato a Parigi. Un
anno dopo l’operazione «tende sul canal Saint-Martin», l’associazione Les Enfants de
Don Quichotte
voleva ripetere l’iniziativa di mettere delle tende
rosse per ospitare chi vive in strada, questa volta lungo la Senna, non lontano da Notre
Dame. Ma in meno di due ore la polizia ha distrutto tutto. Ci sono stati lanci
di lacrimogeni, momenti di forte tensione, un militante è perfino finito nel
fiume. L’indignazione delle associazioni è molto forte. Al punto che
l’iniziativa degli Enfants de Don Quichotte, associazione fondata dall’attore
Augustin Legrand, è sostenuta da organizzazioni molto più ufficiali e
tradizionali, come il Secours Catholique. «Sono operazioni che permettono di
risvegliare le coscienze – afferma Pierre Levené, segretario generale del
Secours catholique – quando andiamo a chiedere gentilmente le cose ai poteri
pubblici non sempre ci ascoltano. Bisogna dunque saper esprimere delle sante
arrabbiature». La ministra della casa Christine Botin dopo due mesi di braccio
di ferro è stata costretta ad accettare di trovare un alloggio alle famiglie
(quasi 400) che hanno vissuto, a rotazione, sul marciapiede di rue de la Banque, vicino alla Borsa.
Ma ha accusato le personalità che avevano appoggiato la protesta di fare
«spettacolo». Settemila persone vivono in strada solo a Parigi. L’anno scorso
il governo aveva fatto delle promesse, ma ne ha mentenute solo una parte. Oggi
i centri di accoglienza temporanei non mettono più alla porta i senzatetto
all’alba. Ma non fanno nulla per «accompagnare verso una soluzione duratura»
chi vive in strada. Si sarebbero dovuti trovare almeno 7mila alloggi per le
persone che escono dai centri di reinserimento sociale. Ma non ce ne sono più
di mille. E i posti nelle case-relais (strutture adatte a persone in difficoltà
che hanno vissuto in strada) sono solo un terzo di quelli promessi.

Chanson pour les enfants de Don Quichotte






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Eccoli qui, gli Stati canaglia

Approvata dall’Onu la
richiesta di moratoria della pena di morte.
54 Paesi votano contro

Editoriale di Maso Notarianni, direttore di
Peacereporter

USA restano favorevoli alla pena di morteFinalmente, l’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, è riuscita a fare un timido e piccolo passo contro la pena di
morte. Ieri, con 104 voti a favore, 29 astensioni e 54 voti contrari, è stata
approvata una risoluzione che chiede agli stati membri una moratoria della pena
capitale. Non quell’ enorme risultato di cui le istituzioni italiane, tra i
promotori del voto, adesso si vantano. Non è una legge, non è vincolante. Nella
pratica, non sposta nulla. Ma è pure un
importante risultato "culturale", e un risultato politico: non capita
spesso che i padroni del mondo siano messi in minoranza nelle Nazioni Unite.

Ma il risultato più
importante ottenuto dal voto di ieri, e di certo involontariamente da parte dei
nostri governanti, è quello di avere messo ben in risalto quali siano davvero
gli Stati canaglia. Quelli che davvero si meritano questo epiteto. Vediamoli,
questi Stati. Tutti insieme appassionatamente hanno scelto di dire un "no"
fortissimo e chiarissimo alla civiltà.
C’è la Cina, tra questi
stati. Un sesto della popolazione mondiale governato da uno Stato oppressivo,
violento e autoritario che sempre più sta espandendo i tentacoli della sua
economia un po’ pirata e un po’ capitalista in ogni parte del mondo. C’è il Sudan, in cui il valore dei diritti
umani e della vita umana è reso palese dalla vicenda del Darfur. C’è l’Iran, in cui si viene ammazzati dallo
Stato solo perché si è omosessuali, o se si va contro la rigidissima
"legge morale" imposta dal Presidente. C’é la Siria,
che ha più dissidenti in carcere che attivisti politici per le strade. E ci sono gli Stati Uniti, che vanno in
giro esportando democrazia e massacrando migliaia di civili sotto le loro
intelligentissime bombe. Ma votano contro una semplice richiesta di moratoria
per la pena di morte. Si ergono a paladini del bene, e sono i più potenti di
tutti. Per questo sono anche i più canaglia tra gli Stati canaglia.
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Lavori in corso… Rosario e gli “altri”

Ci ha lasciati anche
Rosario, nello stesso giorno in cui nell’ Italia dei “pacchetti sicurezza”
altri cinque lavoratori hanno perso la vita sul lavoro in località diverse (uno
alla Fiat di Melfi). La strage continua…

lavori in corsoRogo ThyssenKrupp: morto
sesto operaio

Per il rogo alla ThyssenKrupp di Torino è morto un sesto
operaio, Rosario Rodinò: il 30 ottobre aveva compiuto 26 anni. Dopo tredici
giorni di agonia, poco prima delle 9, è deceduto nel reparto grandi ustionati
dell’ospedale Villa Scassi di Genova. Rosario si va aggiungere alla lista delle
vittime che già contava Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola (23), Angelo
Laurino (43), Bruno Santino (26) e Rocco Marzo (54), che è deceduto domenica
scorsa. Resta ricoverato in gravissime condizioni un settimo operaio, il
ventiseienne Giuseppe Demasi, ricoverato al Cto di Torino. [la foto è tratta
dal Blog nomortilavoro ]

vignetta vauro 19.12.07Statistiche…
Scrive
Flavio Aurora sul sito di Medicina Democratica:
Cinque morti sul lavoro in un giorno sono davvero tanti.
Eppure sono dentro la statistica! Forse molti ignorano che la statistica che
parla di una media di quattro morti al giorni per infortunio sul lavoro è
comunque sottostimata. Mancano quei lavoratori, non solo immigrati, che non
sono registrati come tali, mancano quegli altri lavoratori che sono rimasti
vittime di incidenti stradali perché stanti e affaticati dalla guida o dal
lavoro precedente. E muoiono anche altri lavoratori, vittime di esposizione ad
agenti cancerogeni e tossici che quasi mai o a grande fatica riescono a
dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro. Ogni giorno, anche nel
2000, si compie una strage di qualche decina di persone per il lavoro tanto più
grave quanto più culturalmente accettata. Continua a leggere

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A Natale regalati Melting Pot

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volantone

Regalati MeltingpotIl Progetto
Melting Pot Europa da tempo è diventato un punto di riferimento inaggirabile per
quanto riguarda l’orientamento e l’informazione in materia di immigrazione.
Quest’anno, Melting Pot, premiato come miglior sito italiano legato ai temi
dell’inclusione sociale all’ eContent Award Italy 2007, ha registrato numeri
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contraddistingue da sempre il suo stile.
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