Cuba, la rinuncia di Fidel – di Frei Betto

leggi anche:  
• 
Le "speranze di amore" di Frei Betto. Cuba, speranza socialista


(contiene anche una breve
biografia del frate dominicano brasiliano Frei betto)
•  E l’ isola è già nel suo futuro di Gianni Minà

Ci saranno sì cambiamenti a Cuba, quando cesserà l’ embargo USA;
quando saranno liberati i cinque cubani carcerati ingiustamente in Florida per la
loro lotta contro il terrorismo; e se la base navale di Guantánamo, utilizzata
ora come prigione clandestina – simbolo mondiale dello spregio dei diritti
umani e civili – di supposti terroristi fosse restituita. Non ci si aspetti, tuttavia, che Cuba tolga dagli ingressi a L’Avana
due cartelli che fanno vergognare noi latinoamericani che viviamo in isole di
opulenza circondate di miseria: "Ogni anno 80.000 bambini muoiono vittime
di malattie evitabili.Nessuno di loro è cubano." "Questa notte 200 milioni
di bambini nel mondo dormiranno per strada. Nessuno di loro è cubano”

una delle ultime immagini apparse sui media di Fidel CastroCuba, la rinuncia di Fidel
di Frei Betto, fonte Adital, 20
febbraio 2007
traduzione dal portoghese di Carlo
Ghione

Fidel Castro, 81 anni, ha
rinunciato alle sue funzioni di presidente del Consiglio di Stato di Cuba e di Comandante
in Capo della Rivoluzione. Impegnato a curare la sua salute, preferisce tenersi
fuori dalle attività di governo e partecipare al dibattito politico – che lo ha
sempre appassionato – attraverso i suoi articoli sui media. Rimane, tuttavia,
come membro dell’Ufficio Politico del Partito Comunista di Cuba. Domenica prossima,
 il 24 Febbraio, Raúl Castro, 77 anni,
sarà eletto, dai nuovi deputati dell’Assemblea Nazionale, per esercitare le
funzioni di primo mandatario di Cuba. È la seconda volta che Fidel
rinuncia al potere. 

La prima fu nel
Luglio del 1959, sette mesi dopo la vittoria della Rivoluzione. Eletto primo
ministro, entrò in conflitto col presidente Manuel Urrutia, che giudicava
troppo radicali le leggi rivoluzionarie, come la riforma agraria, promulgate dal
consiglio di ministri. Per evitare un colpo di stato, il leader cubano preferì
rinunciare. Il popolo scese per le strade appoggiandolo. Pressato dalle
manifestazioni, Urrutia non ebbe altra alternativa che lasciare il potere. La
presidenza fu assegnata ad Oswaldo Dorticós, e Fidel ritornò ad occupare la
carica di primo ministro.

Sono stato a Cuba nel gennaio di
quest’ anno, per partecipare all’ Incontro Internazionale sull’ Equilibrio del
Mondo, alla luce del 155º anniversario della nascita di José Martí, figura
paradigmatica del paese. Ci sono ritornato a metà febbraio per un’altra
riunione internazionale, il Congresso Universiade 2008,  a cui hanno preso parte vari rettori di
università brasiliane. In entrambe le occasioni mi sono incontrato con Raúl
Castro ed altri ministri cubani. Ho partecipato 
anche a riunioni con la direzione della FEU, Federazione Studentesca
Universitaria, con studenti dell’università di Scienze Informatiche; con
professori di livello basilare e medio; e con educatori popolari.

Si sbaglia chi crede che la
rinuncia di Fidel significhi l’ inizio della fine del socialismo a Cuba. Non
c’è nessun sintomo che settori significativi della società cubana aspirino ad
un ritorno del capitalismo. Neanche i vescovi della Chiesa Cattolica. Ad
eccezione di pochi che, in nome dei diritti umani, non si importerebbero che il
futuro di Cuba fosse equivalente al presente di Honduras, Guatemala o
Nicaragua. Inoltre, nessuno di coloro che sono usciti dal paese ha continuato
nella difesa dei diritti umani una volta inseritosi nel mondo incantato del
consumismo.

Cuba non è restia ai cambiamenti.
Lo stesso Raúl Castro ha scatenato un processo interno di critica alla
Rivoluzione attraverso le organizzazioni di massa e dei settori professionali.
Sono più di un milione i suggerimenti che il governo sta analizzando.

I cubani sanno che le difficoltà
sono enormi, perché vivono in una quadrupla isola: geografica; unica nazione
socialista di Occidente; orfana dell’appoggio che gli dava l’Unione Sovietica; sotto
embargo degli USA da più di 40 anni. Nonostante tutto ciò il paese
meritò gli elogi di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita nel
1998. Nell’ IDH 2007 dell’ONU il Brasile si rallegrò nel figurare al 70° posto.
I primi settanta paesi sono considerati i migliori in qualità di vita. Cuba,
dove non si paga niente per il diritto universale alla salute ed all’
educazione, figura al 51° posto.

Il paese presenta un tasso di
alfabetizzazione del 99.8 percento; conta su 70.594 medici per una popolazione
di 11.2 milioni, 1 medico per ogni 160 abitanti; un indice di mortalità
infantile di 5.3 per ogni mille nati vivi, negli USA sono 7, ed in Brasile 27;
800.000 laureati in 67 università, nelle quali entrano ogni anno 606.000 studenti.

Oggigiorno Cuba mantiene medici e
professori in attività in più di 100 paesi, Brasile compreso, e promuove in
tutta l’America Latina la ”Operazione Miracoli”, per curare gratuitamente
malattie degli occhi, e la campagna di alfabetizzazione “Yo sí puedo” (Sì, io
posso), con risultati che hanno convinto il presidente Lula ad adottare il
metodo in Brasile.

Ci saranno sì cambiamenti a Cuba,
quando cesserà l’ embargo USA; quando saranno liberati i cinque cubani
carcerati ingiustamente in Florida per la loro lotta contro il terrorismo; e se
la base navale di Guantánamo, utilizzata ora come prigione clandestina –
simbolo mondiale dello spregio dei diritti umani e civili – di supposti
terroristi fosse restituita.

Non ci si aspetti, tuttavia, che
Cuba tolga dagli ingressi a L’Avana due cartelli che fanno vergognare noi
latinoamericani che viviamo in isole di opulenza circondate di miseria:
"Ogni anno 80.000 bambini muoiono vittime di malattie evitabili.Nessuno di
loro è cubano." "Questa notte 200 milioni di bambini nel mondo
dormiranno per strada. Nessuno di loro è cubano”

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