Chi sono i migranti sfruttati nelle cooperative? Ciclo di interviste (seconda parte)

Chi sono
i migranti sfruttati nelle cooperative?

Ciclo di interviste a lavoratori che non smettono di lottare (seconda parte)

fonte: meltingpot
  Vedi anche:
Padova –
Serrata del colosso TNT. Cento lavoratori licenziati, quasi tutti migranti

Migranti – Nuove forme di sfruttamento e nuove modalità di lotta
Intervista a Sandro Chignola (docente alla facoltà di Lettere e Filosofia
presso l’Università di Padova)

Chi sono i migranti sfruttati nelle cooperative? (prima
parte)

Irene, con le mani nei rifiuti sotto il
ricatto del rinnovo del permesso

Padova – Licenziamenti TNT: tutti riassunti dopo
due settimane di lotta

Il colosso multinazionale si piega
davanti all’allargamento delle lotte dei lavoratori

Onome, migrante nigeriana in lottaOnome, il sogno di studiare, la tenacia di
lottare per sè e per gli altri

Proponiamo una seconda intervista per conoscere,
attraverso i loro racconti di vita, chi
sono i migranti sfruttati nelle cooperative.
Quella che segue è
un’altra intervista realizzata ad una lavoratrice dell’Ideal Service.
Onome, ha 30 anni ed è nigeriana, in
Italia da dieci anni. Anche lei ha dovuto lottare contro la cooperative di
smaltimento rifiuti, sempre a Rive D’Arcano. Il suo sogno di studiare ha
incontrato i nastri dello smaltimento rifiuti, piegato dalla legge che impone
ai migranti il continuo ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno, ma mai
infranto.

In Nigeria
andavo a scuola, volevo fare “business and administration” in inglese e ho
avuto tanti problemi, così ho parlato con mia cugina che era in Italia e mi
disse che però avrei dovuto portare i libri con me, per studiare.
Arrivata a Napoli mi sono accorta che la situazione non era come me ne aveva
parlato lei e come pensavo io.
Così una notte me ne sono andata a Palermo da un’amica e poi con lei a Udine.

E come
facevi a sopravvivere?
Dovevo fare
qualcosa, qualsiasi cosa per sopravvivere. Nel 2000 ero a Udine e avevo un
amico e lavoravo con lui, era un cuoco, un cuoco nero. Poi per un anno ho
dormito con una signora anziana e, poiché non avevo il permesso di soggiorno,
questa signora ha poi chiamato i carabinieri. E i carabinieri sono venuti per rimandarmi
in Nigeria, ma una signora che lavorava alla Caritas ha assicurato di
assumenrmi e così ho avuto il permesso di soggiorno; era il 2001 e iniziai a
lavorare per la
Elettrolux Zanussi,ma il contratto terminava nel febbraio del
2002. Non volevo più spostarmi da Udine quindi mi rivolsi ad un’agenzia di
lavoro interinale, la Man At
Work, e mi dissero che c’era un posto a Rive D’Arcano. Se hai un permesso di
soggiorno, ma non un posto di lavoro, la polizia ti toglie il permesso. Era la
fine del 2003, inizio 2004, quando mi dissero che non potevo più lavorare 8 ore
al giorno e avrei dovuto accettare un contratto part-time e nel giugno mi
cambiarono il contratto
Com’è stato l’impatto nel cambiare
continente, nell’arrivare in Italia?

Semplicemente
volevo continuare gli studi. E’ stata un’esperienza che ha cambiato la mia
persona. E’ cambiato tutto, il livello di percezione del mondo.
Che differenze avverti principalmente
tra Italia e Nigeria?

In Nigeria i miei si sarebbero preoccupati di pagare i miei studi. Qui se non
posso pagarmi l’affitto, come posso continuare?
Che viaggio hai fatto per venire fino
a qui?

Prima in Ghana, poi a Skopije in Macedonia e poi Ancona e Brindisi, avevo
un’amica a Napoli, quella che mi aveva detto di venire a studiare in Italia, poi
sempre in fuga, prima a Palermo poi a Udine. Volevo un posto fisso in cui
vivere. Ho vissuto per anni con la paura della polizia, se non hai il permesso
di soggiorno ti rimandano a casa, per via della Bossi-Fini, ho lavorato e
vissuto per anni senza nessun tipo di garanzia, d’assistenza sociale, senza
diritti.
Poi hai trovato lavoro alla Zanussi?

Sì, ma quando è scaduto il contratto non me lo hanno rinnovato
E quanti anni invece hai lavorato
all’Ideal Service?

3 anni.
E dove vivi adesso?

A Udine.
Come era il trattamento che ti
riservavano all’Ideal Service?

Bruto, brutto. Urlavano e non rispettavano nessuno
Che differenza c’era rispetto a come
eri trattata alla Zanussi?

Alla Zanussi ero trattata bene. Quando si mangiava, le macchine si fermavano.
All’Ideal Service bisognava recuperare i 10 minuti extra del pranzo e se ce ne
andavamo prima ricevevamo una lettera di monito. Se si rispondeva indicando la
proprie motivazioni si avevano 2 ulteriori ore di lavoro come multa.
E il rapporto con gli altri operai?

Il rapporto fra bianchi e neri era difficile. Ad esempio, quando si doveva
andare, al bagno loro andavano prima di noi. Un giorno il mio capo, Fabrizio,
mi ha detto che se avevo urgente bisogno del bagno non potevo andari, e dovevo
memorizzare questa immagine.
Subivi minacce?

Sì, da tutto lo staff, da tutti loro.. Francesca, Federica, Claudia ,
Fabrizio…ti trattavano come schiavi, animali. A lavoro mi puoi trattare come
vuoi, ma a casa mia no.

Eri
costretta a fare gli straordinari?

Sì, e se non lo facevi ti mandavano una lettera a casa.
E che motivazione ti davano per fare
questi straordinari?

Guadagnavamo allora 550 euro al mese. Una volta pagato l’affitto, le spese e le
bollette non ci restava più nulla.
Quindi loro sfruttavano questa
condizione di bisogno?

Sì.
E com’era la tua giornata all’Ideal
Service?

Quando ho iniziato a lavorare lì tutto andava bene, lavoravo al nastro. Poi
loro hanno comprato un robot,che però si rompe sempre. Da quando hanno comprato
questo robot, siamo diventate noi robot.
Cosa hai provato la prima volta che
sei entrata all’Ideal Service?

Ero contenta per aver trovato lavoro, ma non pensavo che dopo tutto sarebbe
andato male così.
E così a un certo punto vi hanno
fatto firmare un contratto part-time?

Sì, ma in pratica era firmare il proprio licenziamento.
E non avevate contatti con altri
sindacati?

Sì, la CGIL, ma
non pensavo ci fossero altri sindacati. Quando avevamo qualche problema noi
andavamo alla CGIL.
E alla CGIL vi hanno detto di firmare?

Sì.
E poi invece come è iniziata questa
battaglia?

Una volta sono andata a Godega con una mia amica, Linda, che ha lavorato lì, e
abbiamo parlato del problema che avevamo noi e mi ha detto che esisteva un
sindacato che ci avrebbe potuto aiutare. Così ho preso il numero di telefono
dell’ADL Cobas e abbiamo fissato un appuntamento a Udine. Finché eravamo con la CGIL non avremmo potuto fare
nulla, così abbiamo tutte cambiato sindacato.
E il fatto che ci fosse qualcuno a
preoccuparsi della vostra situazione, come ti ha fatto sentire?

Mi ha reso contenta e sicuramente mi ha incoraggiato. Non avevo mai visto farlo
per i neri.
Cosa ti ricordi del primo giorno di
protesta?

Abbiamo bloccato i cancelli e non abbiamo fatto entrare nessuno, tutte le
macchine erano fuori. Quel giorno io non lo dimenticherò mai, perché stavamo
lottando per i nostri diritti e, anche se ora non ho un lavoro, sono felice di
avere fatto quello che ho fatto, di essere uscita dall’Ideal Service, stavamo
soffrendo troppo per questa situazione. Con i soldi della liquidazione dovrò
pagare arretrati e spedire qualcosa in Africa,come andrò avanti non so, dovrò
trovare un altro lavoro,ma oggi sono felice.
Pensi ancora di poter fare quello per
cui sei venuta quì, studiare?

Non lo so, per adesso vorrei andare a Londra da mia cugina, ma non so proprio
cosa sarà…La legge Bossi – Fini ti mantiene in uno stato di costante bisogno.
Certo non si può smettere di sognare, e vale sempre la pena di combattere per i
propri sogni. Vorrei chiedere a chi queste leggi le fa come dovremmo continuare
a vivere noi, vorrei chiederglielo guardandoli in faccia…
Pensi di rimanere in Italia?
Se trovo lavoro, sì. Ora ci sono troppe cose, devo ancora capire bene. Ho
capito che devo andare avanti e guardare il mio futuro.
Come sei messa ora col permesso di
soggiorno?

Lo devo rinnovare in questura.
Come ti trattano in questura?
Male. Ti fanno aspettare per mesi senza rinnovarti il permesso, e senza
permesso di soggiorno non sei nulla.
E non avevi paura, mentre lottavi,
della legge Bossi-Fini, che ti rende ricattabile?

No…(sorride)
La tua posizione in fabbrica, dopo,
come e’ cambiata?

Era tesa, ma io ho sempre lavorato bene e con rispetto.
Quando pensi che sei arrivata in
Italia per studiare e invece lavori sui rifiuti, come ti senti?

Ho sempre rispettato il mio lavoro al pari di un qualsiasi altro lavoro, esiste
una condizione di bisogno, con i soldi che guadagnavo non avrei potuto
sopravvivere. Mia cugina mi ha aiutato molto, mi spediva dei soldi altrimenti
non avrei potuto continuare. Anche se il lavoro era duro, lavoravo con tutto il
mio cuore, così quando mi guardavano negli occhi non potevano dirmi nulla.
Quando mi mancavano di rispetto, potevo rispondere perché il mio lavoro lo
facevo bene.
E cosa avresti fatto senza i soldi di
tua cugina?

Avrei lavorato per strada…come tante ragazze che vengono dal mio paese, o
sarei andata a rubare.
Non hai mai avuto un attimo di paura
durante questa vicenda?

Qualche amica sì, io no. Anzi le incoraggiavo dicevo loro di non avere paura,
di combattere per i loro diritti.
Ti sposerai?
Sì, presto.
Lo avresti fatto comunque, anche con
le condizioni di lavoro che avevi prima?

Sì, lo stesso, ora lui è in Nigeria, a fine anno ci sposiamo..

 

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