Ancora a Gradisca (CPT)

Chi non può uscire e
chi non entra nel Cpt

di Elena Placitelli (Carta Qui Estnord) fonte: carta.org

migrante detenuto in cptNel Cpt (Centro di permanenza temporanea) di Gradisca di
Isonzo, in provincia di Gorizia, c’è chi non può uscire e chi non può entrare.
I migranti, per il semplice fatto di non avere un documento valido per
l’espatrio, non possono uscire. Ieri mattina, noi di Carta non siamo potuti
entrare. Nonostante la richiesta fatta alla prefettura, la nostra visita
all’interno è stata rifiutata per una non meglio specificata «incompletezza
della procedura».
Ad entrare invece ce l’ha fatta il consigliere regionale
friulano dei Verdi, Alessandro Metz, che poco più di un mese fa, dopo la dura
repressione del disperato tentativo di fuga di un cinquantina di detenuti,
aveva organizzato una visita d’ispezione ed era stato lasciato fuori.
Nell’ultimo mese sono sempre più numerose, le rivolte nel
Cpt, e sempre più dura la reazione della polizia, che lancia i lacrimogeni
contro chi è nelle gabbie, comprese le donne e una bambina di otto mesi, che
devono dormire ogni notte nell’adiacente Centro di prima accoglienza. E allora ecco il via a un’altra visita, lunedì appunto,
dopo che il presidente del Consiglio regionale, Alessandro Tesini, decide di
entrare. Altri consiglieri e giornalisti si accodano. Obiettivo: svelare i
segreti imprigionati tra le mura del Cpt. Noi aspettiamo il resoconto dei
visitatori al termine della visita.

Se di solito è noto come il Cpt sia colmo di migranti,
durante le visite istituzionali esso appare poco più che vuoto. Alle domande
poste dal consigliere Metz a Paolo Zotti, il direttore del centro, quest’ultimo
replica dichiarandosi «non competente» in merito. Più loquace il capo di
gabinetto della prefettura di Gorizia, Pietro Giulio Scarabino, che nega che
all’interno del Cpt siano rinchiusi dei richiedenti asilo. A detta degli
avvocati delle associazioni per i diritti dei migranti, invece, proprio nell’ultima
deportazione di massa sarebbero stati espulsi degli egiziani che avevano
chiesto asilo politico. «Il permesso di soggiorno è un diritto soggettivo –
spiega Metz–la situazione di ogni persona va vagliata caso per caso e non si
spiega una deportazione di massa, fatta solo perché le persone in questione
provengono dallo stesso paese».

Nell’adiacente Centro di prima accoglienza la situazione
non è più rosea. Da qui i migranti possono uscire dalle 8 di mattina alle 20 di
sera, ma devono rientrare ogni notte. Non hanno molti vestiti e si lamentano
per il freddo. Già, pare che i vestiti che vengono dati loro in dotazione, i
migranti li vendano per racimolare qualche spicciolo. Per ovviare a questo
problema è stata trovata una soluzione: dar loro meno vestiti, così non possono
più venderli, anche se a Gradisca la stagione fredda è già inoltrata. Anche le
ragazze del Cpa durante il giorno lavorano. Si dice in giro che ci sia un
«giro» che le coinvolge nella prostituzione. Su questo, il dottor Scarabino
ammette che ci sono indagini in corso.

«La presenza del Cpt ha innescato dei business in questo
territorio–spiega Metz–in primis quello delle cooperative che, dopo aver deciso
di svolgere un ruolo attivo all’interno della struttura, hanno visto
incrementare non poco il proprio fatturato annuo».

Intanto a dicembre scadrà l’appalto della Minerva, la
cooperativa che gestisce il Cpt di Gradisca. Pare che siano già avviate le
procedure per la prossima gara d’appalto e che gli enti locali abbiano
suggerito i nomi di dieci soggetti che vi parteciperanno. Oscure invece le
sorti del Cid, il Centro di identificazione inserito all’interno nella
struttura, sul quale ancora tutto tace. «Questa visita–conclude Alessandro
Metz–svela l’inutilità di questi luoghi. Si dice che i Cpt siano necessari per
motivi di sicurezza. Non è così. Le persone qui detenute non hanno commesso
alcun tipo di reato e dopo 60 giorni di detenzione vengono rilasciate sul
territorio con un foglio di via che rappresenta per loro un inizio di
clandestinità. E’ così che si mette a rischio la sicurezza e la loro incolumità
fisica».

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