Il sogno si chiama Mayotte, colonia francese nell’arcipelago delle Comore, meta disperata di chi insegue un futuro migliore.
scritto per Peacereporter da Federico Frigerio
Fa rabbia vedere il miraggio della ricchezza a soli settanta chilometri. Quando l’oceano è tranquillo gli abitanti di Anoujan, una delle tre isole – insieme a Moheli e Grande Comore – dello stato africano dell’Unione delle Comore, vedono chiaramente le luci di Mayotte, territorio europeo a soli settanta chilometri.
Arcipelago tormentato. Mentre le tre isole hanno rivendicato la loro indipendenza dalla Francia nel 1975 l’isola di Mayotte ha deciso, attraverso due referendum, di rimanere colonia francese. Le vicende dell’arcipelago che in 30 anni di indipendenza ha visto susseguirsi 20 tentati colpi di stato e l’onnipotenza del “pirata” francese Bob Denard, hanno contribuito a una situazione politica, economica e sociale stagnante, tanto che ogni anno il prodotto interno lordo della nazione si dimezza.
Di riflesso brillano ancor di più la stabilità e le migliori prospettive di vita dell’isola di Mayotte, ricca perché interamente mantenuta dai sussidi della madrepatria. La situazione politica dell’arcipelago sta per far fronte a un ulteriore deterioramento se prenderà il via l’ormai inevitabile invasione militare, decisa dal governo federale, nei confronti dell’isola ribelle di Anoujan, unico strumento rimasto per revocare il potere che il neo eletto (e contestato) presidente di Anojuan, Mohamed Bacar, rifiuta di cedere. Lo spettro di una
guerra è un ulteriore motivo per prendere il largo.
Kwassa- kwassa. Il viaggio ha inizio: con 100 euro si può acquistare un posto sulle fatiscenti kwassa-kwassa, le imbarcazioni di legno dei pescatori. Non esistono statistiche governative ufficiali, ma organizzazioni umanitarie parlano di almeno 200- 500 morti all’anno, cifre paragonabili a quelle della più nota tratta mediterranea che porta i clandestini in Italia. Sulle kwassa-kwassa non è difficile incontrare donne incinte: partorire nel territorio di Mayotte significherebbe far acquistare al proprio figlio la cittadinanza europea, percepita da molti come la porta d’ingresso per la ricchezza e la felicità. Su una popolazione totale di circa 200 mila persone, Mayotte conta almeno 50 mila immigrati clandestini. I sogni degli immigrati sono molto modesti: non si illudono di diventare ricchi, sognano soltanto un futuro migliore in un’isola in cui si possa essere assistiti da medici professionisti e dove i propri figli possano frequentare scuole. “Nei villaggi incontri solo bambini e anziani. Non c’è lavoro e tutti i giovani sono partiti” dichiara Elyachroutou Mohamed Caabi, esperto sociale e economico dell’isola di Anjouan. “Stiamo provando a fermare le partenze ma i trafficanti, se ci vedono, scappano e trovano un’altra spiaggia da cui partire” dichiara un poliziotto locale aggiungendo: “Capisco quelli che partono. Io sono fortunato semplicemente perché ho un lavoro”.
Sempre in rotta. La vita a Mayotte si rivela tutt’altro che in discesa per i nuovi arrivati, considerati, dai locali, economica manodopera per le attività agricole e di pesca. Sfruttati e sottopagati, guadagnano un terzo dei lavoratori autoctoni: “Siamo poveri anche qui a Mayotte, ma non così poveri da non avere cibo e acqua come a casa” racconta un immigrato. Ahmed Rama, responsabile del dipartimento di Mayotte, non nasconde l’entità del problema immigrazione: “La migrazione clandestina dalle Comore è un enorme problema per Mayotte e il 2007 ha fatto registrare un aumento del 130 percento”. Le autorità governative di Mayotte, supportate dalle tecnologie della madrepatria Francia, deportano almeno 20 mila persone all’anno, ma molti, soprattutto a causa della vicinanza, sono stati espulsi più volte. “Ci sono persone che sono state rimpatriate otto volte” racconta un clandestino. E ancora inseguono la rotta per Mayotte.