Le quote flussi vanno allargate. Gli invisibili devono essere riconosciuti

“Alla spinta degli invisibili, alla
loro tenacia, alla loro centralità nella costruzione della società che ci
circonda si rivolge la speranza. Quello dei diritti di cittadinanza è un campo
di tensione sempre aperto su cui costruire nuove conquiste…nonostante tutto. Le
migrazioni non hanno confini.”

La politica, il mondo del lavoro, i migranti. Il 16 febbraio una
giornata di mobilitazione [fonte Meltingpot]

invisibiliE’ la prima giornata di mobilitazione, non certo l’ultima,
per rivendicare l’accoglimento di
tutte le domande d’assunzione inviate con il decreto flussi

emanato dall’ormai "caduto" Governo Prodi negli ultimi giorni dello
scorso anno. Le iniziative sono dislocate in diverse città italiane ma è
evidente che nei prossimi mesi il dibattito intorno a questo tema avrà
occasione di essere ripreso più volte. Centosettantamila sono i posti a
disposizione
, stimati, secondo la compagine governativa
uscente, rispetto alle esigenze dei settori produttivi che dichiarano la
necessità di forza lavoro migrante. Settecentomila sono invece le domande
inviate
, testimonianza fin troppo evidente dell’inutilità di
ogni politica, peraltro spietata, di gestione dei flussi migratori
.

Non che le migrazioni, la mobilità globale, non abbiano a
che vedere con gli attuali assetti produttivi o con le spinte del mercato del
lavoro, anzi, proprio la mobilità del lavoro stesso è diventata uno dei nodi
centrali dell’economia contemporanea. Quella che però, ormai da tempo, è
diventata una realtà incontestabile è la natura incontrollabile dei movimenti
migratori globali che, solo attraverso politiche di confinamento, di
imposizione sui corpi, di esclusione, o meglio, di inclusione stratificata,
possono essere piegati e messi a valore.

Nonostante la procedura telematica abbia elimiato le file
agli uffici postali, è cosa risaputa come la quasi totalità delle domande
inviate riguardino persone già presenti sul territorio italiano, "non
persone", "non cittadini" visibili solo alle cronache ed ai
proclami che della condizione di irregolare, della "clandestinità",
hanno costruito una immagine losca e criminale, quasi fossero una scelta.

"In Italia solo con un lavoro, con una casa",
questo è stato il leit motive che la politica ha ripetuto negli ultimi quindici
anni: poco importa se il mercato del lavoro oggi sia una giungla senza
garanzie, poco importa se la fuga dalla miseria sia un diritto sacrosanto, poco
importa dei sogni e dei desideri che spesso sono il motore dei progetti
migratori.

Sbagliato sarebbe però dire che i diritti, la dignità,
sono subordinati alla produttività: forse migliaia di irregolari in Italia
senza uno straccio di diritto non sono utili al sistema produttivo? Forse
centinaia di migliaia di migranti regolari e regolarmente impiegati non sono
comunque ricattati?

Tutta la retorica sulla "guerra all’immigrazione
clandestina" impallidisce di fronte ai dati di questa ultima tornata di
domande. Chi ha partecipato al decreto flussi ha un lavoro ed una casa a
disposizione, ma l’allargamento delle quote non sembra essere parte dell’agenda
politica di chi aspira a governare il paese. Per qualcuno è diventato un
cavallo di battaglia solo dopo la caduta del Governo, ma questo ormai poco
importa.

Ciò che invece ancora importa sono le eredità che questi
anni di legislatura ci hanno lasciato.

Non si tratta di un paragone con il passato o peggio, con
il Governo che nella precedente legislatura aveva promosso la spietatissima
legge Bossi Fini, non facciamo, soprattutto in questo momento, considerazioni
politiche o elettorali, certo è però che tutte le promesse che avevano animato
speranze e miraggi per un miglioramento delle condizioni di vita dei migranti,
non solo non si sono tradotte in realtà, ma sono state a dir poco travolte ed è
con questa relatà che oggi abbiamo a che fare.

Una serie di direttive e circolari hanno tentato di
ammorbidire le ingiustizie prodotte dalle attuali procedure, mentre la riforma
Amato Ferrero non ha mai dato l’impressione di essere capace di rappresentare
una vera e propria inversione di tendeza, senza contare i tempi lunghi previsti
per la sua entrata a regime, frutto della scelta dello strumento della legge
delega. Perchè non cambiare con semplici decreti la durata dei permessi? Perchè
non abolire con strumenti più immediati l’istituto del contratto di soggiorno?

Ma è sul piano culturale che gli ultimi due anni ci
consegnano il bilancio più pesante: la criminalizzazione dei migranti ha subito
un ulteriore inasprimento che potremmo fotografare nell’emanazione urgente del
Decreto Sicurezza seguita immediatamente all’omicidio di Giovanna Reggiani,
attribuibile ad un cittadino rumeno.

Mentre si continuava a dichiarare la volontà di abolire la
legge Bossi Fini, il suo regime di applicazione veniva allargato anche ai
cittadini comunitari, con tanto di espulsione e detenzione nei Cpt.

Solo la confusione che ha animato gli ultimi mesi di vita
della maggioranza ha poi fatto decadere il provvedimento riproposto con alcune
modifiche negli ultimi giorni del 2007.

Una serie di ordinanze e delibere hanno poi preso piede nelle
attività delle amministrazioni locali, inserendosi nel solco tracciato dal
contesto generale. Lavavetri, prostitute, senza tetto e baraccati, ognuno ha
trovato il suo pericolo da debellare.

L’eredità non sembra essere certo confortante.

Alla spinta degli invisibili, alla loro tenacia, alla loro
centralità nella costruzione della società che ci circonda si rivolge la
speranza. Quello dei diritti di cittadinanza è un campo di tensione sempre
aperto su cui costruire nuove conquiste…nonostante tutto. Le migrazioni non
hanno confini.

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