Una stagione all’inferno – La denuncia di Medici Senza Frontiere

MSF (Medici Senza
Frontiere
) denuncia le drammatiche condizioni degli stranieri impiegati in
agricoltura nelle campagne del Sud Italia.
 

MSFUna
stagione all’inferno

"Una stagione all’inferno" è il titolo
del rapporto di Medici Senza Frontiere sulle condizioni di salute, vita e
lavoro degli stranieri impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud Italia. Una
stagione all’inferno è quella che vivono regolarmente migliaia di immigrati nel
nostro paese.  
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il rapporto "Una stagione all’inferno" >>

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Da luglio a novembre 2007 un’equipe mobile di MSF ha
visitato e intervistato oltre 600 stranieri impiegati come lavoratori
stagionali in agricoltura nelle regioni del Sud Italia. I risultati
dell’inchiesta sono allarmanti: gli stranieri si ammalano a causa delle
durissime condizioni di vita e lavoro cui sono costretti. Già nel 2004 MSF
aveva visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria agli
stranieri impiegati come stagionali e per indagare questa scomoda realtà. Nonostante
le reiterate promesse da parte di autorità locali e nazionali, a distanza di
tre anni MSF ha potuto constatare che nulla è cambiato.

Leggi
anche l’ articolo di Gabriele Carchella
«Vita
d’inferno», il lato oscuro del pomodoro
da Il Manifesto [31 Gennaio 2008]
Dossier di Medici
senza frontiere sul lavoro immigrato nelle campagne del sud Italia. Tra
caporali, sfruttamento e condizioni di vita peggiori che nelle bidonville In
baracche fatiscenti fredde e senz’acqua, costretti a versare una parte della
diaria agli sfruttatori. E quando arriva la polizia, a fine raccolto, se la prende
solo con loro
> Lo scenario ricorda un campo rifugiati, ma le condizioni
di vita possono essere peggiori. Senza acqua né riscaldamento, accampati in
baracche fatiscenti, con problemi di salute e senza contratto. Così vive il
popolo degli stranieri impiegati nell’agricoltura del sud Italia. E’ Medici
senza frontiere (Msf) a dare visibilità a questa manodopera sfruttata e
ignorata. Lo ha fatto ieri presentando il rapporto «Una stagione all’inferno».
Da allora, purtroppo, nulla è cambiato. Nemmeno il diverso colore dei governi
ha fatto la differenza. Anzi, in alcuni casi c’è stato addirittura un
peggioramento: «I centri di accoglienza, per esempio, dove sono stati attivati,
come ad Alcamo e in provincia di Trapani, ospitano solo gli immigrati regolari.
Ma il 72% degli intervistati non ha il permesso di soggiorno», denuncia Antonio
Virgilio, responsabile dei progetti italiani di Msf. Si crea così una
discriminazione. Tanto più ingiusta se si pensa che la legge italiana dal 1988
sancisce il diritto alle cure mediche per tutti gli stranieri, a prescindere
dallo status giuridico.

Nel rapporto sono i protagonisti, per la maggior parte
giovani di sesso maschile, a parlare in prima persona. Msf ha infatti
intervistato 600 immigrati e visitato 643 di loro. Quasi la metà del campione
proviene dall’Africa subsahariana, poco meno del 40% è originario del Maghreb,
il 10% del Sudest asiatico e il 4% dei nuovi paesi dell’Unione europea. Le
risposte degli intervistati gettano luce sull’oscura filiera che si cela dietro
la frutta e gli ortaggi esposti in bella mostra, a prezzi competitivi, nei
nostri mercati. Nove immigrati su dieci non hanno un contratto di lavoro e non
possono così godere di tutela giuridica né di protezione sociale. Anche tra gli
stranieri regolari, del resto, la maggioranza (68%) lavora in nero.
L’agricoltura del Meridione assomiglia insomma a un Far West senza legge, dove
migliaia di stranieri sono alla mercé di datori di lavoro senza scrupoli.
Quando poi le forze di sicurezza si muovono, lo fanno di frequente colpendo i
più deboli. «Le forze dell’ordine intervengono spesso a conclusione del
raccolto, prendendo di mira i lavoratori irregolari», ricorda Loris De Filippi
di Msf Italia. «L’immigrato è un lavoratore invisibile, ma esiste ed è il
fulcro di un sistema di produzione basato su manodopera sottopagata».

Una giornata di lavoro di 8-10 ore vale agli immigrati una
retribuzione che varia da 25 a
40 euro. Ma in alcuni casi le paghe sono ancora più basse. Una parte della
diaria, dai 3 ai 5 euro, va a finire spesso nelle tasche dei caporali. E anche
solo lamentarsi del sistema può costare caro. Come è capitato a un sudanese di
22 anni fuggito dal Darfur. Il giovane è stato medicato dal team di Msf per una
ferita al labbro causata dall’aggressione di un caporale. La sua colpa? Essersi
lamentato delle basse paghe. Seppure il rapporto non affronta questo tema, è
facile immaginare che i tentacoli della criminalità organizzata arrivino a
controllare una parte non piccola del mercato agricolo. Gli alloggi malsani e
la mancanza di attrezzature adeguate per lavorare fanno sì che sia facile
ammalarsi. Secondo il rapporto, il 76% degli intervistati ha detto di essere
arrivato in Italia in buone condizioni di salute. Ma la visita medica ha
rivelato che per il 72% del campione si sospetta qualche patologia. Ben il 73%
dei «casi sospetti» è interessato da una malattia cronica. Curare questi malati
non è facile. Il 53% degli immigrati ha detto di non aver cercato assistenza
sanitaria per varie ragioni. Nel complesso, il 75% degli stranieri ammalati non
ha risolto il suo problema di salute. Il 71% degli intervistati è inoltre privo
di tessera sanitaria.

Alla luce di questo scenario, Msf chiede a enti locali,
prefetture e Asl di garantire le condizioni minime di accoglienza per i
lavoratori agricoli. Tra le misure suggerite l’apertura di laboratori dedicati
e l’utilizzo di mediatori culturali. La prima risposta arriva dalla Coldiretti,
che ha annunciato ieri il via libera all’ingresso di 80mila lavoratori immigrati
stagionali. L’autorizzazione scatta il primo febbraio per favorire la
regolarizzazione degli immigrati.

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