Espulsione comunitari: le disposizioni approvate ieri dal Senato

nel dettaglio le
disposizioni approvate dal Senato a modifica del decreto legge 181 e del decreto
legislativo 30.
  fonte:
Immigrazione Oggi
Il provvedimento, quando approvato definitivamente,
trasferirà tutte le competenze ora del giudice di pace al tribunale ordinario,
anche per le espulsioni degli extracomunitari. Introdotta l’inversione
dell’onere della prova nei casi di discriminazione.  Vai all’ elenco delle disposizioni approvate>>

§         
Dichiarazione di presenza:

la prima modifica riguarda la possibilità di determinare,
in base alla data d’ingresso in Italia del cittadino europeo, la decorrenza
degli obblighi di registrazione anagrafica.

Per non penalizzare la mobilità dei cittadini europei – e
soprattutto il mercato turistico nazionale – non viene imposto un obbligo di
dichiarare la presenza (peraltro possibile ai sensi della direttiva europea n.
38) ma si ricorre ad una formula che – a detta di alcuni – potrebbe ingenerare
qualche confusione.

Il senso della norma è il seguente: il cittadino
dell’Unione o il suo familiare non è obbligato a rendere la dichiarazione di
presenza ma, in ragione della durata del suo soggiorno, può presentarsi in un
ufficio di polizia e dichiarare la presenza. Qualora la dichiarazione non venga
effettuata, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia
protratto da oltre tre mesi.

Per esemplificare: il turista o l’uomo d’affari tedesco
che giunge in Italia e prevede di trattenersi per meno di tre mesi non dovrà
fare alcuna dichiarazione. Però, in qualunque circostanza dovesse subire un
controllo di polizia, sarà suo onere dimostrare che si trova in Italia da meno
di tre mesi. In mancanza di prova verrà considerato soggiornante da oltre tre
mesi con le conseguenze che ciò comporta: poiché ovviamente non avrà provveduto
alla registrazione anagrafica, sarà considerato irregolare e potrà anche essere
sottoposto a provvedimento di allontanamento. Circostanza comunque improbabile
perché l’allontanamento è reso possibile non tanto dalla mera omissione
amministrativa, ma dalla mancanza dei requisiti stabiliti dalla direttiva 38 e
dal decreto di attuazione: lavoro, studio, mezzi autonomi di sostentamento.

§         
Fonti di reddito:

approvata una definizione più restrittiva delle fonti di
reddito che ora devono essere non solo sufficienti ma anche di provenienza
lecita e dimostrabili.

§         
Allontanamento per motivi di
pubblica sicurezza e di ordine pubblico e per cessazione del diritto di
soggiorno:

i provvedimenti devono riguardare i comportamenti
individuali delle persone da allontanare.

§         
Espulsione disposta dal Ministro
dell’interno:

i provvedimenti sono tradotti in una lingua comprensibile
al destinatario oppure in inglese. La durata del divieto di reingresso in
Italia non può essere superiore a dieci anni. Se il provvedimento non è immediatamente
eseguibile deve essere concesso un termine per lasciare l’Italia di almeno un
mese che, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni.

§         
Espulsione disposta dal prefetto
per motivi di pubblica sicurezza:

i provvedimenti sono disposti dal prefetto del luogo di
residenza o dimora del cittadino europeo o del suo familiare e sono tradotti in
una lingua comprensibile al destinatario oppure in inglese. La durata del
divieto di reingresso in Italia non può essere superiore a cinque anni. Il
provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare
l’Italia, che non può essere inferiore ad un mese che, nei casi di comprovata
urgenza, può essere ridotto a dieci giorni.

§         
Espulsione con accompagnamento
immediato disposta dal prefetto:

i provvedimenti quando sono adottati per motivi imperativi
di pubblica sicurezza sono subito eseguiti dal questore. Le cause che
consentono di adottare l’espulsione immediata del comunitario devono essere
particolarmente gravi e nella valutazione dei presupposti si tiene conto anche
di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno
o più delitti non colposi, anche tentati contro la vita o l’incolumità della
persona, o per uno o più delitti corrispondenti a quelli previsti dall’articolo
8 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (concernente disposizioni sul mandato di
arresto europeo); si tiene inoltre conto dell’appartenenza del cittadino
europeo a taluna delle categorie di soggetti pericolosi individuate dalla legge
27 dicembre 1956, n. 1423 (misure di prevenzione) e dalla legge 31 maggio 1965,
n. 575 (mafia) ed infine delle misure di prevenzione disposte da autorità
straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

§         
Ricorsi e convalide dell’accompagnamento
immediato:

la competenza è del tribunale ordinario in composizione
monocratica.

§         
Trattenimento del cittadino
europeo:

il questore se non può eseguire immediatamente
l’accompagnamento può disporre il trattenimento presso i centri di permanenza
(CPT) o presso le camere di sicurezza delle questure e dei commissariati di
polizia;

§         
Segnalazioni dei sindaci:

i provvedimenti di allontanamento sono adottati tenendo
conto anche delle segnalazioni motivate dal sindaco del luogo di soggiorno del
cittadino dell’Unione o del suo familiare.

§         
Modifiche al testo unico 286 del
1998:

la competenza sui ricorsi avverso i provvedimenti di
espulsione adottati dal prefetto nei confronti dei cittadini extracomunitari e
sui procedimenti di convalida del trattenimento e dell’accompagnamento
immediato alla frontiera è trasferita dal giudice di pace al tribunale
ordinario in composizione monocratica.

§         
Discriminazioni:

modificato il decreto legislativo n. 215 del 2003
(attuazione della direttiva 43 per la parità di trattamento tra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica) con la previsione che
quando la persona che ricorre per dimostrare la sussistenza di un comportamento
discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in
termini gravi, precisi e concordanti, spetta alla parte convenuta provare che
non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.

§         
Misure penali contro le
discriminazioni razziali:

sostituito il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13
ottobre 1975, n. 654 (ratifica della convenzione di New York del 7/3/1966
relativa alla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) che
ora prevede la pena della reclusione fino a tre anni per chiunque incita a
commettere o commette atti di discriminazione di cui all’articolo 13, n. 1 del
trattato di Amsterdam (ndr: in realtà si tratta del trattato istitutivo della
Comunità europea) e con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in
qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione
alla violenza per gli stessi motivi.

(R.M.)

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