A Cittadella migranti annunciano Sciopero spesa antirazzista

Razzisti in piazza a Cittadella (Padova).
Contromanifestazione dei migranti che annunciano
“l’idea più originale e
dirompente della giornata: lo sciopero della spesa. «Se non ci volete, andremo
a fare la spesa in un’altra città, una città che non ci nega la residenza»
hanno strillato, rivolti, più che verso Bitonci, verso la sua base elettorale”

Borghezio e i sindaciUn’idea antirazzista:
lo sciopero della spesa

di Lorenzo Zamponi CartaQui EstNord –  fonte: carta.org
Quaranta sindaci leghisti, appoggiati dagli alleati di An
e Udc, oltre ai grossi calibri del partito come Calderoli e Borghezio, hanno
manifestato a Cittadella, in provincia di Padova, per sostenere il sindaco
Massimo Bitonci, l’autore dell’ ordinanza «antisbandati» che proibisce la
residenza nel territorio comunale a chi, straniero, non può dimostrare un
reddito annuo di almeno 5 mila euro.
I toni apertamente razzisti della
manifestazione leghista non hanno scoraggiato il ministero dell’interno: in una
nota, Giuliano Amato ha scritto che «il problema esiste e la capacità di
assorbimento di alcune realtà è oggettivamente limitata». L’ordinanza Bitonci,
però, viola i trattati europei sulla libera circolazione dei cittadini
comunitari, ma Amato non si perde d’animo e scrive che «la soluzione del
problema non può che passare attraverso l’adeguamento delle norme europee». Sabato
24 a
Cittadella c’è stato un altro corteo, di segno ben diverso. Ecco com’è andata.

«Torneremo».
Con questo slogan i circa 300 manifestanti riuniti sabato a Cittadella, in
provincia di Padova, hanno salutato il municipio della città murata. Chiarisce
il senso dello slogan l’assessore alla casa del comune di Padova Daniela
Ruffini [Prc]: «Ogni volta che ci sarà
una provocazione noi saremo in piazza, ogni volta che tenteranno di scatenare
una guerra tra lavoratori italiani e migranti, usando i poveri come strumento
di lotta politica, torneremo.»

La composizione del corteo organizzato dal Cantiere della sinistra di Padova
contro l’ordinanza di Bitonci, è la negazione più radicale del razzismo: una
manifestazione fatta per metà di lavoratori migranti dell’Alta padovana,
riuniti nella Rete del lavoro migrante ma anche attivi nei sindacati e nei partiti,
e per l’altra metà di militanti di sinistra [Prc, Pdci, Sd], sindacalisti [il
segretario della Fiom padovana Antonio Silvestri, il portavoce di Lavoro e
società Salvatore Livorno], associazioni come Assopace e Opera Nomadi.

La manifestazione di Cittadella ha mostrato soprattutto questi volti: migranti
con le bandiere dei partiti, donne col velo che spiegano le proprie ragioni ai
cittadellesi, sindacalisti con la pelle scura che guidano il corteo con il
megafono. «Si sono appropriati della manifestazione per difendersi dalle
continue aggressioni sul piano dei diritti e della cittadinanza. – evidenzia
Paolo Benvegnù, di Rifondazione – È vero che questa è una zona leghista, ma
ormai qui c’è anche una storia di organizzazione dei migranti.» Nuovi leader
operai crescono, come Roland Minka, ghanese, segretario provinciale della
Filtea-Cgil [tessili], o Boubacar Niang, della Fillea [edili]. Proprio dai loro
interventi di fronte al municipio è venuta l’idea più originale e dirompente
della giornata: lo sciopero della spesa. «Se non ci volete, andremo a fare la
spesa in un’altra città, una città che non ci nega la residenza» hanno
strillato, rivolti, più che verso Bitonci, verso la sua base elettorale.

Un’idea rilanciata da Silvano Cogo [Cgil]: «Il messaggio è
che ormai sono una massa critica anche dal punto di vista economico – spiega –
Perciò potrebbero benissimo decidere di servirsi solo da negozi che espongono
l’adesivo ‘no al razzismo’. Tra consumatori di idee democratiche e immigrati,
siamo tanti. Penso inoltre che i tempi siamo maturi per uno sciopero generale
contro il razzismo.»

C’è una consapevolezza crescente delle proprie forze
all’interno delle comunità migranti: «Sono marocchino, ma cittadino del mondo.
– dichiara senza esitazione Aziz Ganich, operaio – Nella mia fabbrica più del
70 per cento dei lavoratori sono stranieri. Quando alla tv dicono che il Pil è
cresciuto dell’1,6 per cento, è anche un po’ merito nostro». Denuncia le
conseguenze perverse dell’ordinanza, Uche Nwokeji, metalmeccanico nigeriano, in
Italia da 12 anni: «Per avere un lavoro serve l’idoneità all’alloggio, se non
danno la residenza niente idoneità, niente lavoro e quindi niente permesso di
soggiorno – spiega – Voi italiani dovete dire ai leghisti che sono razzisti.
Lavoriamo per vivere, paghiamo le tasse, qual è il problema?»

Non possono passare inosservati gli sguardi sconcertati
rivolti ai manifestanti da chi attraversa la piazza durante lo shopping del
sabato pomeriggio. Stupore per la presenza attiva dei migranti, certo, ma anche
segno di una distanza al limite dell’incomunicabilità con la sinistra che
manifesta con loro. Sembra sempre più difficile fermare la reazione a catena:
di fatto, una volta creato il precedente di un sindaco che chiude le frontiere,
ogni amministratore che si rifiuti di farlo rischia di passare per un difensore
debole dei propri cittadini.

«Questo clima pericoloso deriva dall’imbarbarimento subito
dalla politica, col trionfo del populismo e dell’accanimento nei confronti
delle persone meno tutelate. – commenta Alessandro Squizzato, coordinatore
regionale della Federazione giovanile dei comunisti italiani – Un clima figlio
della campagna d’odio contro i rumeni con cui si è presentato il Pd».

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