Mediterraneo di morte

Un week-end nero per il
Mediterraneo
di Marco Visentin  fonte: Meltingpot

peschereccio spezzato in due 

Un’altra tragedia del
mare, due nuovi naufragi nell’arco di poche ore e così il sabato sera del mare
Mediterraneo si tinge di nero.

Prima a Roccella Jonica un barcone di venti metri con a
bordo circa 150-170 migranti si spezza in tre parti urtando una secca, il
panico e la paura spinge brutalmente in acqua tutti i passeggeri, inizia una
lotta contro le onde per raggiungere la costa. In 120 vincono le onde, per
sette di loro, ma molto probabilmente anche di più, non c’è niente da fare e
vengono risucchiati dal mare. La seconda tragedia di questo week-end è dietro
l’angolo, a Vendicari in provincia di Siracusa un gommone affonda e abbandona
in mare 24 migranti, si salveranno solo in sette, in dieci verranno recuperati
ed altri sette resteranno dispersi. Fra le vittime di questa seconda tragedia
c’è un ragazzo di circa quindici anni.
Sono storie diverse quelle di questi due viaggi, la prima barca era partita
dall’Egitto, 1500 euro per attraversare quel fazzoletto di mare e sperare in un
futuro migliore. Tutti palestinesi partiti da Haiza ed imbarcati in un porto
egiziano, salpati proprio dal paese protagonista questa estate di rimpatri
collettivi possibili grazie all’accordo fra il Governo italiano e quello egiziano.
E mentre i rimpatri collettivi riempiono le casse delle compagnie aeree i
mercanti che speculano sulla tratta di persone continuano indisturbati le loro
operazioni, quasi come un orribile gioco delle parti fra chi organizza il
viaggio di andata e chi quello di ritorno, sempre che si arrivi a destinazione.
Il gommone naufragato a Vendicari, molto probabilmente, era partito invece
dalla Libia, ma l’ultimo atto di questo viaggio accomuna le 24 vite a bordo con
quelle della barca partita dall’Egitto, il mare ha inghiottito anche loro.

Diciassette morti, ma molto probabilmente il numero è
molto più alto, che si aggiungono alla triste lista di vite spezzate nel mare
Mediterraneo, da gennaio nei mari della Sicilia sono 500 le persone annegate,
una cifra che mette i brividi se si pensa che queste sono solo le vittime
accertate, di molte altre non conosceremo mai la storia. Centinaia di morti, ed
i governi europei parlano solo di come aumentare il controllo dei mari, di come
contrastare la tratta di persone, ma mentre nei tribunali continuano i processi contro chi
salva dalla morte certa vite umane, altri sogni si infrangono contro le onde.
Il caso del rimpatrio di sette egiziani trattenuti nel Cpt di Gradisca
d’Isonzo, che avevano deciso di collaborare con le autorità per fare luce su
questi viaggi, è la prova della mancanza di una vera volontà di fare chiarezza
sulle organizzazioni che speculano sulla vita dei migranti.

Ma queste tragedie non sono frutto della voracità del
mare, se si pensa che il Governo deve ancora pubblicare il Decreto flussi per
l’anno corrente e che nessuna modifica sostanziale ha cambiato la procedura per
l’ingresso regolare, è normale immaginare come questi viaggi siano l’unica
speranza per chi cerca di raggiungere l’Europa. Che la legge Bossi-Fini abbia
reso quasi impossibile l’ingresso regolare in Italia è un dato di fatto che
ormai tutti i migranti conoscono, ed evidentemente questa consapevolezza ha varcato
le frontiere e continua a spingere ad imbarcarsi centinaia di persone. Le
parole del Ministro della Solidarietà Sociale Ferrero che “scaricano” sulla
Bossi-Fini le responsabilità di quest’ultima tragedia si scontrano con i fatti,
con i Cpt riaperti questa estate, con quelli in costruzione e con l’immobilismo
di un Governo che nulla ha fatto per evitare che week-end come questi si
ripetano.

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