Free Jena Six!!!

Resist Against Racism!

USA/ '6 DI JENA',MIGLIAIA
MANIFESTANO CONTRO ACCUSE STUDENTI NERI
Rischiano 22 anni di carcere per
aggressione a studente bianco

 
free jena six

 

postato da
APCOM

New York, 20 set. (Apcom) – Giunte da ogni angolo degli
Stati Uniti, migliaia di persone si sono riversate oggi nella piccola città di
Jena, Louisiana, per mostrare il loro sostegno ai sei studenti afro-americani
incriminati per l'aggressione di un loro compagno di scuola bianco. Come
riportato dall'emittente Cnn, secondo molti le accuse rivolte nei loro
confronti sono eccessive, così come le pene che i sei rischiano, fino a 22 anni
di carcere.
Un caso sul quale, fin dall'inizio, ha pesato l'ombra del
razzismo: i disordini nella scuola superiore di Jena esplosero un anno fa, dopo
che uno studente afro-americano si era seduto sotto un albero del giardino,
dove solitamente si sedevano solo gli studenti bianchi e che, anche se solo
tacitamente poichè la segregazione è illegale, era considerato loro riservato.
Il giorno dopo, da quello stesso albero pendevano tre cappi, un macabro segnale
con chiari riferimenti al Ku Klux Klan. Tre studenti bianchi furono individuati
come responsabili ed espulsi, ma la punizione fu subito commutata in tre giorni
di sospensione dal direttore della scuola, una decisione che fece esplodere la
rabbia degli studenti neri e che, alla fine, portò all'aggressione di uno
studente bianco. I sei afro americani sono stati accusati di tentato omicidio e
giudicati come adulti, benchè tutti avessero meno di 18 anni all'epoca dei
fatti. Oggi è il giorno in cui la giuria deciderà la pena di
Michael Bell, l'unico dei sei ad essere rimasto in carcere dal momento
dell'arresto a dicembre, già giudicato colpevole dalla giuria e che rischia
fino a 22 anni di carcere.

"Questa è una marcia per la giustizia, non contro i
bianchi o contro Jena" ha commentato il reverendo Al Sharpton, attivista
per i diritti civili e uno degli organizzatori della manifestazione di oggi. E'
attesa anche la partecipazione del reverendo Jesse Jackson, di Martin
Luther King III
, figlio del leader dei diritti civili ucciso nel 1968, e
dell'artista hip hop Mos Def.
Sharpton ha sottolineato che la manifestazione non supporta il pestaggio dello
studente bianco ma chiede semplicemente che le pene degli studenti
afro-americani siano adeguate al reato commesso, e non superiori

Oggi è il giorno in cui la giuria deciderà la pena di
Michael Bell, l'unico dei sei ad essere rimasto in carcere dal momento
dell'arresto a dicembre, già giudicato colpevole dalla giuria e che rischia
fino a 22 anni di carcere.

Usa: Migliaia
Manifestano Contro Giustizia 'Razzista' a Jena

di (Cif/Opr/Adnkronos)
Washington, 20 set. (Adnkronos) – Migliaia di
manifestanti, in maggior parte afroamericani, hanno letteralmente invaso la
cittadina di Jena, nella Louisiana, per una marcia di protesta contro quella
che viene definita una giustizia "razzista". Molti dimostranti,
guidati dagli attivisti per i diritti civili degli afroamericani al Sharpton e
Jesse Jackson, si sono riversati nella scuola secondaria di questa cittadina di
3mila abitanti attorno all'albero dove e' cominciata la vicenda ormai
conosciuta negli Stati Uniti come l'affare degli "Jena six", i sei di
Jena.

USA: JENA SIX, GRANDE
MARCIA DI PROTESTA IN LOUISIANA

di Cristiano Del Riccio – Ag. ANSA
Free Jena SixWASHINGTON – Giunti da tutta l'America, vestiti quasi
tutti di nero, migliaia e migliaia di afro-americani hanno sfilato per le
strade della cittadina di Jena, in Louisiana, per manifestare il loro sostegno
ai 'Jena Six', i sei studenti neri incriminati per tentato omicidio per aver
ferito un ragazzo bianco. La marcia, che ha visto la partecipazione di numerosi
esponenti di punta del movimento per i diritti civili, è stata organizzata per
protestare contro il "trattamento razzista" ricevuto dai sei studenti
neri. La vicenda che ha portato all'arresto dei sei è avvenuta nel dicembre
scorso dopo una escalation di incidenti al liceo della cittadina, che ha
tremila abitanti con una stragrande maggioranza di bianchi (l'85 per cento),
che ha visto appendere tre cappi (un riferimento ai linciaggi del passato) ai
rami di un albero dove si riunivano gli studenti neri. La tensione al liceo di
Jena era esplosa in dicembre quando un gruppo di studenti neri aveva aggredito
un compagno di scuola bianco, Justin Barker, ferendolo alla testa. La vittima
dell' assalto si era recato in serata ad una festa.
Il procuratore Reed Walters aveva incriminato i sei
arrestati per tentato omicidio. La decisione era apparsa eccessiva agli
attivisti della comunità afro-americana che hanno organizzato una serie di
manifestazioni di protesta. "Questo è il più evidente caso di disparità
nella amministrazione della giustizia americana mai visto da molto tempo – ha
commentato il reverendo Al Sharpton, uno degli organizzatori della protesta –
Non possiamo avere un doppio standard di giustizia in questo paese: uno per i
bianchi e l'altro per gli afro-americani". Il presidente George W. Bush ha
detto di "comprendere le emozioni" suscitate dalla vicenda.
"Tutti noi vogliamo vedere una applicazione equa della giustizià, ha detto
il presidente. La grande marcia su Jena era stata organizzata perché questo era
il giorno previsto per la sentenza contro il primo degli studenti processati,
che rischiava fino a 15 anni di carcere. Nel frattempo però è stato accolto
l'appello della difesa (perché il giovane era stato processato come un adulto).
Anche le incriminazioni contro gli altri studenti sono state ridotte a reati
meno gravi.
La marcia odierna dei neri sulla cittadina della Louisiana
intende puntare i riflettori sulle discriminazioni razziali nella
amministrazione della giustizia negli Stati Uniti. Martin Luther King III,
figlio del leggendario attivista per i diritti civili, ha detto a Jena che la
marcia intende sottolineare che "il sistema di giustizia non è applicato
nello stesso modo per tutti i crimini e per tutte le persone". Il
procuratore Walters ha respinto le accuse. Gli studenti bianchi responsabili di
avere appeso i cappi all'albero dove di radunavano gli studenti neri non sono
stati incriminati, ha spiegato, perché non esiste una legge in Louisiana che
consideri un reato tale azione. La marcia di protesta era stata propagandata da
diverse stazioni radio, dai blog e dai siti web e dalle pubblicazioni
afro-americane provocando una risposta massiccia, da tutta l'America, della
comunità nera. La manifestazione di protesta è stata vista, da alcuni attivisti
per i diritti civili, come una rinascita della consapevolezza di dover agire
con dimostrazioni su larga scala per affrontare il problema, mai risolto, della
discriminazione razziale da parte della giustizia americana.

david bowieDavid Bowie dona $10.000
ai “Sei di Jena”

Un contributo per le spese legali dei sei ragazzi accusati
Fonte:  
http://www.musiclink.it/dettaglio_v2.php?id=5731
2007-09-19 – David Bowie ha donato $10.000 a un fondo
istituito per fornire assistenza legale ai 'Jena Six', un gruppo di adolescenti
neri americani accusati di aver pestato un compagno di scuola bianco, ma da
molti ritenuti innocenti. I fatti si svolsero il 4 dicembre 2006 presso la Jena High School. Uno
degli accusati, Mychal Bell, è stato condannato per aggressione a giugno; il
verdetto è stato annullato in appello perché il ragazzo aveva sedici anni
all’epoca dei fatti, ma è stato giudicato come un adulto. Nonostante questo
però, il ragazzo resta in prigione perché non ha i 90mila necessari alla
cauzione.
David Bowie ha dichiarato: "E’ chiaro che nella città
di Jena si amministra la giustizia in modo iniquo. La mia donazione è un
piccolo gesto e un atto di fiducia che la pena e la sentenza ingiuste possano
essere evitate.”
Domani a Jena, una piccola città di circa 3.000 abitanti
in Louisiana, è stata organizzata una marcia di protesta a cui si prevede
parteciperanno 60mila persone per condannare questo e altri episodi di tensione
razziale nell’area. Alla marcia parteciperanno il reverendo Al Sharpton, Jesse
Jackson, Martin Luther King III e il rapper Mos Def.

LA STORIA: 

Usa, l'albero del
razzismo

Studenti neri si
riposano in una zona per soli bianchi:

rischiano 22 anni di
carcere

l' albero di Jena

dal blog: http://metaforum.it
Articolo di ANNICK
COJEAN (Le Monde) (La Stampa)

18 luglio 2007

È una storia del vecchio Sud americano. Una vicenda in
bianco e nero, costellata da demoni del passato. Da decenni, gli allievi
bianchi del liceo di Jena – cittadina di 3 mila abitanti annidata in Luisiana
con una popolazione bianca pari all’85 per cento – pranzano all’ombra di un
vecchio albero. L’abitudine di relegare i neri nella periferia del cortile
sarebbe durata a lungo se un alunno nero, all’inizio del 2006, non avesse osato
porre pubblicamente la questione: «Possiamo sederci anche noi sotto le
foglie?». La direzione fu chiara: «Sedetevi dove preferite». E sotto gli occhi
degli allievi bianchi, un gruppo di neri scivolò sotto la chioma. Il giorno
dopo, il 1 settembre 2006, da un ramo pendevano 3 corde. «Non bisogna essere
degli storici per comprendere il messaggio» dice Caseptla Bailey, madre di un
allievo nero. «La corda, qui, evoca la schiavitù, i linciaggi e il Ku Klux
Klan. E il gesto dice ai nostri figli: sporchi negri, avremo la vostra pelle».

Rapidamente identificano gli autori, 3 allievi bianchi. Ma
il direttore del liceo, che vorrebbe l’espulsione, viene contraddetto dal
consiglio d’istituto: la «monelleria» non merita più di 3 giorni di
sospensione. Sconfortati dalla leggerezza dell’amministrazione i genitori neri
si riuniscono per discutere come reagire. E la mattina dopo, alcuni allievi
neri – fra cui un gruppo di sportivi – improvvisano sotto l’albero «bianco» una
piccola manifestazione. L’amministrazione va nel panico e convoca un’assemblea;
il procuratore generale Reed Walters, circondato da una dozzina di poliziotti,
minaccia i dimostranti. «Posso essere il vostro migliore amico – dice fissando
gli sportivi – o il vostro peggior nemico. E posso, come una piuma, distruggere
le vostre vite».

Il giorno dopo, la polizia sorveglia i corridoi; quello
dopo ancora, la scuola è accerchiata. Secondo il direttore l’ordine è
ristabilito, e il giornale locale, Jena Times, scrive che l’incidente è nato
dell’ottusità dei genitori neri che, riunendosi, hanno letto uno scherzo di 3
bulli come una questione di razzismo. Al liceo di Jena la vita riprende, carica
di tensione. Questo non impedisce a Mychal Bell, studente nero 16enne, di far
vincere i «Jena Giants» e di essere celebrato come il migliore atleta del
momento. Le proposte delle grandi università, attirate dalle imprese sportive,
arrivano a fiumi. Ma, nella notte di giovedì 30 novembre, un incendio doloso
devasta una parte del Liceo, 14 classi sono distrutte e la polizia tira fuori i
denti. Venerdì sera scoppia una rissa durante una festa di bianchi. Sabato, un
giovane bianco punta un fucile contro 3 ragazzi neri: il bianco viene disarmato
e i neri scappano. Recuperati dalla polizia, vengono accusati di «furto
d’arma». Angosciati dall’escalation, i professori pregano di rinviare
l’apertura del liceo. Ma, lunedì 4 dicembre i corsi riprendono normalmente.
Fino all’ora di pranzo. Il dito medio di Justin Barker, amante della parola
«negro» e amico degli autori dello «scherzo» delle corde, puntato contro uno
degli sportivi neri scatena una rissa. Justin riceve un pugno, crolla e perde
conoscenza. La confusione è totale. Justin Baker finisce all’ospedale e la
polizia arresta i 6 sportivi neri. Il procuratore li accusa di «colpi e
percosse». Ma la rabbia dei professori pretende più fermezza. E viene formulata
l’accusa di «tentativo d’omicidio» e «complotto».

Il procuratore fa sapere dal Jena Times che «richiederò il
massimo della pena. Non terrorizzerete mai più gli allievi di una nostra
scuola». La comunità nera è sbalordita. I 6 ragazzi vengono espulsi dalla
scuola, le cauzioni per la condizionale (da 70 a 138 mila dollari) sono
troppo alte per la maggior parte dei genitori, che vivono in roulotte o in
baracche. Nonostante le proteste dei genitori e delle associazioni, e la
creazione a Jena di una sezione della NAACP (una delle principali organizzazioni
a difesa degli Afro-americani), i 6 sportivi neri restano in prigione. Mentre
il giovane bianco partito in ambulanza sta bene: uscito dall’ospedale 3 ore
dopo la rissa, ha assistito a una cerimonia scolastica. Da allora tiene nel suo
furgone parcheggiato davanti al liceo un fucile caricato con 13 palline. Il
dopo è ancora peggio. Il primo processo – a Mychal Bell, la star di calcio -,
avvenuto tra il 26 e il 28 giugno, è una caricatura di una giustizia per ricchi
e per bianchi, in un’aula dove a destra siedono i bianchi e a sinistra i neri.
Mychal Bell ha affrontato un procuratore bianco, un giudice bianco e 17
testimoni bianchi. Il suo avvocato, nero, d’ufficio, non lo ha interrogato, non
ha discusso nemmeno una delle contraddizioni dei testimoni e tantomeno ne ha
chiamato uno. Non ha considerato le provocazioni razziali; non una parola sul
giovane sportivo che, prima della prigione, si distingueva per i buoni
risultati scolastici. Nulla.

Il procuratore rinuncia al «tentato omicidio», ma chiede
alla giuria di riconoscere Mychal Bell colpevole di «colpi e percosse» e
«complotto»: la giuria lo segue all’unanimità. Poco importa se il capo
d’accusa, che prevede 22 anni di prigione, esige l’uso di «un’arma pericolosa»:
per Mychal Bell sono le scarpe da tennis. Il giudice deciderà il 31 luglio. I
suoi genitori, come quelli degli altri 5 giovani in attesa di processo,
sperano. «Questo processo è il peggiore esempio d’errore giudiziario che io
abbia mai visto», assicura Alan Bean, pastore bianco attivista, fondatore
dell’associazione Amici della giustizia. «Un linciaggio dei tempi moderni»
commenta una donna nera all’uscita del tribunale.

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