Nuove frontiere.Chiuse

In Grecia sono quasi terminati i lavori per un cpt per migranti
nell'isola di Samos

Di Christian Elia – fonte PeaceReporter

migrantiLa repressione dei migranti che, con ogni mezzo, tentano
di raggiungere l'Europa si arricchisce di un nuovo centro di detenzione per gli
extracomunitari entrati illegalmente nel territorio Ue. E' la Grecia questa volta, con
una spesa di 2,8 milioni di euro dei contribuenti europei, a costruire un
carcere per i migranti nell'isola di Samos, a due passi dalla Turchia.

Nuovi lager. La struttura, che potrà ospitare fino a 300
persone, sostituisce in realtà un centro che già esisteva sull'isola, una
vecchia fabbrica, dove la capienza era di 150 persone al massimo. Un rapporto
della Commissione Libertà Civile, Giustizia e Affari Interni del Parlamento
europeo (Libe), che ha inviato nell'isola greca una delegazione di parlamentari
nel giugno scorso, aveva denunciato le condizioni nelle quali erano tenuti i
migranti, definendole "deplorevoli, inumane e inaccettabili". Il
centro, invece di 150 persone, ne ospitava più di 300, recluse tutte assieme,
senza distinzione di sesso. C'erano solo due bagni per tutti i detenuti, compresi
donne e bambini, molti dei quali dormivano sul pavimento. La delegazione aveva
denunciato sia la detenzione di minori non accompagnati dai genitori, sia
l'assoluta carenza dello staff preposto all'assistenza dei migranti detenuti,
come specificato nella legislazione europea. Neanche l'ombra degli assistenti sociali, degli avvocati,
degli interpreti, degli psicologi e dei medici che, secondo la normativa
vigente, dovrebbero assistere i migranti durante il periodo di tempo (settimane
o mesi) per il quale sono detenuti in attesa di essere espulsi.

samosTutti dentro. In realtà l'attesa dovrebbe, sulla carta, servire
all'identificazione dei migranti, per raccogliere le eventuali richieste di
asilo politico o per l'ottenimento dello status di rifugiato. Il rapporto della
delegazione della Libe, però, denuncia che nel 2006 solo nello 0,6 percento dei
casi è stato concesso l'asilo politico e nel 1,2 percento dei casi lo status di
rifugiato. Questa politica di respingimento a prescindere e della
criminalizzazione dei migranti è ormai conclamata in Europa, ma il report del
Libe denuncia anche come gli accordi di riammissione (che permette l'espulsione
dei migranti verso i paesi di provenienza invece che verso quelli di origine)
violino i principi del diritto europeo. Sono tanti infatti i migranti che
provengono da paesi afflitti dalla guerra, come Afghanistan, Iraq e Somalia.
Per fare un esempio, la Grecia
ha firmato un accordo di riammissione con la Turchia nel 2001, utilizzato anche per
l’espulsione dei profughi iracheni. E la Turchia di iracheni ne ha espulsi 135 anche alla
fine di luglio 2007, nonostante le proteste dell'Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur).

cpt graciaUn circuito impazzito. I lavori di ristrutturazione si
sono quindi resi necessari a causa dello scottante report del Libe, al punto
che il governo greco ha provveduto alla costruzione di un campo da
pallacanestro nella nuova prigione. Ma non è di sport che hanno bisogno i
detenuti. Il ministero della Marina Mercantile greca stimava in 3500 i migranti
giunti sulle coste greche nel 2006, e in 2641 i migranti giunti nei primi otto
mesi del 2007. Il flusso quindi è abbondante, arricchito da migliaia di persone
che, trovando sempre più difficoltà nelle rotte tradizionali verso la Spagna e l'Italia, cercano
nuovi punti d'ingresso nella 'fortezza Europa'. Alcuni, pagando una somma di
almeno 1500 euro, raggiungono la
Turchia, dalla quale poi si riversano su bagnarole che li
portano fino alle migliaia di isolette greche. Da qui, dopo il carcere, i
migranti vengono espulsi subito, oppure ricevono un biglietto per Atene e un
'foglio di via' che li obbliga a lasciare il paese entro un mese. Spesso, però,
i migranti raggiungono i porti di Patrasso e Igoumenitsa, da dove tentano di
arrivare altrove, magari nel porto di Bari, in Italia. Nella maggior parte dei
casi viaggiano nascosti in container dove non passa un filo d'aria. Prima di
finire nuovamente nel circuito del centri di detenzione, che sempre più pare
l'unica risposta che la civilissima Europa riesce a dare a questo oceano di
disperati.

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