A processo per aver salvato 44
migranti da un naufragio.
di Gabriele
Del Grande – fonte: PeaceReporter
Venerdì
prossimo, una dozzina di associazioni, dall'Arci ai missionari comboniani, s'è
data appuntamento davanti alla prefettura di Agrigento, per un sit-in di
protesta contro l'arresto di sette pescatori tunisini, nei confronti dei quali
il 22 agosto si è aperto un processo per direttissima nella città dei Templi. Restano in
carcere accusati di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina i 7 perscatori tunisini che hanno
salvato 44 migranti in mare
Decisione inquietante. La corte di Agrigento, presieduta
da Atonia Sabbatino, ha infatti rifiutato la richiesta di scarcerazione
presentata dagli avvocati della difesa, Leonardo Marino e Giacomo La Russa, apportando come
motivazioni il pericolo di fuga e il rischio di reiterazione del reato. A
niente è valso il coinvolgimento in prima persona dell’Ambasciatore tunisino e
del Console di Palermo, che stanno seguendo da vicino il caso dei sette
“ostaggi d’Agrigento”, come sono stati soprannominati in Tunisia, a Teboulba,
da dove erano partiti per l’ultima battuta di pesca l’8 agosto, prima di
soccorrere in mare i naufraghi.
Non tutto è perduto. Ma dall’aula arriva anche una
buona notizia. Il Pubblico ministero, Santo Fornasier, ha infatti chiesto la
derubricazione del reato da articolo 12 comma 3 ad articolo 12 comma 1. Il
reato contestato così non sarebbe più il favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina a scopo di lucro, ma il semplice favoreggiamento dell’ingresso
illegale, punito con pene da uno a cinque anni, anziché da quattro a quindici.
Le udienze sono quindi state rimandate al 20 settembre, e sarà la volta
dell’esame degli imputati. In caso di condanna, la difesa si è detta pronta a portare
il caso fino alla Corte europea dei diritti umani.
Mentre una
vasta rete di associazioni che vanno dalla Rete antirazzista siciliana alla
piattaforma dell’associazionismo euro-mediterraneo sull’immigrazione Migreurop,
preparano una manifestazione davanti alla Prefettura di Agrigento, venerdì 7
settembre alle 11:00, il caso continua a rimbalzare sui mass media
internazionali. Dopo Libération, la tv al-Jazeera ha dedicato un intero
servizio alla vicenda. Ai sette pescatori ha espresso la propria solidarietà
anche la Lega
tunisina per i diritti umani, mentre a Parigi la Fédération des
Tunisiennes Pour une Citoyenneté des deux Rives sta organizzando una
manifestazione davanti all’Ambasciata italiana per chiedere il rilascio
immediato dei pescatori.
Colpevoli di soccorso. Tra i pescatori arrestati figura
anche uno studente di 20 anni, Mohammed Lamine Bayyoudh, che stava aiutando il
padre, Abdel Krim Bayyoudh, prima dell’inizio dell’anno scolastico. Gli altri
pescatori detenuti sono Kamel Ben-Khalifa (padre di cinque bambini); Hamza
Braham; Abdel-Wahid Ghafouri; Lassaad Gharrad; Abdel-Basset Jenzari.
L’8 agosto
salvarono la vita a 29 uomini, 11 donne (di cui una al nono mese di gravidanza)
e due bambini piccoli, di cui uno poliomielitico, prendendoli a bordo dei
motopescherecci Morthada e Mohamed el-Hedi. Il comandante Jenzari avvisò
immediatamente del salvataggio le autorità tunisine, che ne informarono il
Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, che girò l’Sos alla
nave della Marina Vega perché prestasse soccorso medico ai passeggeri. Scortati
fino a Lampedusa da due motovedette della Guardia costiera italiana e da una
della Guardia di Finanza, i sette vennero quindi arrestati in flagranza di
reato.