di Elisabetta Ferri, progetto Melting pot
Nel 1997 numerose
organizzazioni per i migranti di alcune regioni dell’Asia iniziarono a
celebrare e a promuovere la data del 18 dicembre come Giornata Internazionale
di Solidarietà con i Migranti, scegliendo la data in cui, nel 1990, l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite aveva adottato la Convenzione
Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i
lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. La campagna ha portato l’ONU a proclamare ufficialmente nel
2000 la
Giornata Internazionale dedicata ai Migranti.
Purtroppo neppure quest’anno le notizie sembrano
buone. Le agenzie battono in queste ore la notizia dei naufragi nel Golfo di
Aden, dove continua ad aggravarsi il tragico bilancio di morti: 200 in due giorni, come
riporta l’UNHCR. Etiopi e Somali in fuga da un paese sull’orlo della guerra il
primo, scomparso e in preda ad un conflitto sanguinoso che dura da anni il
secondo. Una regione, quella del Corno d’Africa, che sta causando continue
fughe e sta producendo un altissimo numero di rifugiati, profughi e sfollati. Somalia,
Etiopia, Sudan ed Eritrea: tanti conflitti e fughe disperate che spesso si
trasformano in tragedia. Ai profughi si aggiungono i cosiddetti migranti
economici, costretti anch’essi ad affrontare viaggi pericolosi, come ci
ricordano puntualmente i rapporti di Fortress
Europe. Ma la tragedia può continuare anche una volta approdati:
condizioni di lavoro simili alla schiavitù, violenza razzista e discriminazione
istituzionale.
E la giornata internazionale dei diritti dei migranti in Italia sembra pura
utopia. Oggi
è anche la giornata del secondo clic day, che ci offre uno spaccato
significativo: una procedura burocratica assurda, che cerca di rinnovarsi e
crea solo nuovi disastri dall’aspetto più avanzato tecnologicamente per
nascondere una lotteria che mette a disposizione una manciata di posti per
l’assegnazione di un pezzo di carta e qualche diritto.
Il disastro,
ampiamente annunciato, di sabato sancisce
definitivamente il fallimento di una procedura che non garantisce il numero di
ingressi necessari al mercato del lavoro, che ha lentezze burocratiche
inaccetabili e un sistema di lotteria non degno di un paese civile, che si
pregia di appartenere al ’primo mondo’.
Una procedura inserita in un impianto giuridico e concettuale che vede il
proprio nodo nella, da una parte, retorica dell’eliminazione della
clandestinità, e dall’altra, nella pratica della riduzione in clandestinità del
migrante per renderlo sfruttabile senza limiti.
Una solo quindi l’innovazione possibile: abolizione del
meccansimo delle quote, abolizione della Bossi-Fini e meccanismi di
regolarizazione reali e non affidati alla sorte. Chi vince alla lotteria dei flussi ’e passa il
turno’ ha da affrontare una nuova roulette, come ha raccontato Olesea di Città
Migrante in una lettera al Manifesto: un nuovo viaggio clandestino verso il
paese di origine, il rischio dell’espulsione, notti di code in attesa
dell’appuntamento all’ambasciata per la consegna del visto…
Nella giornata internazionale dei diritti dei migranti un
noto quotidiano parla di cittadini bulgari chiamandoli clandestini, e pure non ha tutti i
torti: lavori in condizioni servili, molto funzionali alla nostra agricoltura e
alle italiche famiglie, in cambio di paghe giornaliere pari a 10€. La notizia forse quest’oggi è l’intervento dello
Stato e un controllo sulle condizioni di lavoro che molto spesso manca.
Infine, la tragedia
dell’intolleranza e del razzismo istituzionale. Recentemente
l’Alto Commissariato per i rifugiati ha espresso preoccupazione per il clima di
intolleranza in Italia: “La retorica anti-immigrazione, cui troppo spesso si è
fatto ricorso negli ultimi anni, rischia di criminalizzare intere comunità,
scatenando nell’opinione pubblica reazioni difficilmente contenibili. Il raid
punitivo contro un gruppo di romeni, prosegue il comunicato del 6 novembre, a
cui sono seguite nei giorni successivi una serie di aggressioni avvenute ai
danni di stranieri o di esercizi commerciali di proprietà di immigrati, hanno
messo in evidenza uno stato di tensione nei confronti degli stranieri
alimentato negli anni anche da risposte demagogiche alle tematiche
dell’immigrazione messe in atto dalla politica”. Già a febbraio di quest’anno
il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo,
discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, Doudou Diène, nel suo rapporto
sull’Italia aveva messo in evidenza come si stesse manifestando nel paese una
“preoccupante tendenza alla xenofobia e lo sviluppo di manifestazioni di
razzismo, in particolare nei confronti delle comunità sinti e rom, degli
immigrati e dei richiedenti asilo, soprattutto di origine africana ma anche
provenienti dall’Europa orientale, e della comunità islamica”. L’Acnur ritiene
che, in questo contesto, un ruolo
fondamentale nell’alimentare un clima di intolleranza sia stato svolto dai
mezzi di informazione, “la cui ricerca del sensazionalismo,
coniugata all’uso di un linguaggio improprio e bellicistico, ha alimentato e
sostenuto le ansie dell’opinione pubblica, oscurando gli aspetti positivi
dell’immigrazione e puntando spesso sul binomio ’immigrazione=minaccia alla
sicurezza’”.
E rafforzato dal
Governo che sull’onda dell’emotività e alimentando questo clima
di intolleranza e di voglia di epurazione ha emanato un decreto che prevede
l’espulsione di cittadini comunitari, il decreto anti-rumeni, che modificato al Senato è
oggi in discussione alla Camera. La ripresa della battaglia dei migranti per i
diritti di cittadinazna, da Brescia a Roma, all’iniziativa contro il rinnovo alle Poste
portata avanti in tutta Italia il 1 dicembre, ci fa sperare che le notizie di
oggi, in occasione di questa celebrazione, non sono l’unica voce e l’unica
politica possibile in materia di immigrazione.