La guerra non va in crisi

La crisi di governo
non compromette il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Anzi

di Enrico Piovesana, fonte Peacereporter [30 Gennaio 2008]

Venerdì 25 gennaio, all’indomani della caduta del governo
Prodi, il Consiglio dei Ministri approvava il decreto legge di rifinanziamento
in blocco di tutte le missioni militari italiane all’estero, compresa la
missione di guerra in Afghanistan (350 milioni di euro fino
a fine anno). Essendo ormai venuto meno ogni vincolo di coalizione, i
quattro ministri di sinistra, Alessandro Bianchi (Pdci), Paolo Ferrero (Prc),
Fabio Mussi (Sd) e Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi) non hanno partecipato alla
votazione.

Voto in Parlamento entro fine marzo. Il decreto, automaticamente entrato in vigore con
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
deve però essere convertito in legge dal Parlamento entro la fine di marzo,
pena il suo decadimento retroattivo.

La Sinistra Arcobaleno (Rifondazione, Comunisti Italiani,
Verdi e Sinistra Democratica) annuncia battaglia, chiedendo il cosiddetto
‘spacchettamento’, ovvero la possibilità di stralciare la missione afgana dal
decreto, così da poterla discutere e votare separatamente dalle altre missioni
(Libano, Kosovo, Iraq, Sudan e Somalia). Un voto che, da parte della sinistra,
si preannuncia negativo per lo stesso motivo di cui sopra (la fine del vincolo
di coalizione), ma che sarà del tutto simbolico, visto che non comprometterà
l’approvazione del decreto, destinato a ricevere i voti favorevoli di tutti gli
altri partiti, dal Partito Democratico alla Fiamma Tricolore.

La sinistra annuncia voto contrario. “Ritengo che i gruppi parlamentari
di Rifondazione comunista e dell’intera Sinistra Arcobaleno non voteranno a
favore del rifinanziamento delle missioni militari all’estero”, ha dichiarato
nei giorni scorsi il ministro Paolo Ferrero. “Chiederemo di discutere missione
per missione”.

“Il Pdci voterà contro il rinnovo della missione militare
in Afghanistan”, ha detto Jacopo Venier, il responsabile Esteri del partito di
Diliberto. E ha aggiunto: “La caduta del governo Prodi ci impone oggi di
manifestare anche con il voto in Parlamento la nostra contrarietà di fondo al
coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Afghanistan: non c’è più alcuna
garanzia che in futuro le nostre truppe conservino i limiti territoriali e di
ingaggio che il governo Prodi ha garantito”.

Anche la Sinistra Democratica di Fabio Mussi e Cesare
Salvi annuncia il suo voto contrario per bocca di Silvana Pisa: “Noi
partecipiamo attivamente ai combattimenti, contrariamente a quanto stabilito
perché, anche all’interno della missione Nato, non dovremmo essere operativi
negli attacchi. Per questo siamo indisponibili a votare un disegno di legge che
rifinanzi tutte le missioni”.

Nessuna risposta all’interrogazione parlamentare. Il 16 gennaio, i senatori di
Rifondazione Lidia Menapace, Francesco Martone e José Luiz Del Roio avevano
presentato al ministro della Difesa Arturo Parisi un’interrogazione
parlamentare a risposta scritta dal titolo “Afghanistan, Peacereporter, italiani in missione di
guerra?”
. La richiesta ufficiale di spiegazioni sull’impiego bellico delle
nostre forze speciali in Afghanistan, firmata da altri ventinove senatori della
Repubblica, non ha ancora ricevuto risposta.

Senza risposta, a parte quella di Antonio Di Pietro, è
rimasto anche il dossier sull’operazione segreta ‘Sarissa’ che PeaceReporter aveva precedentemente
inviato a tutti i segretari di partito italiani.

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