Un racconto dello
scrittore milanese, studioso di subculture metropolitane, ispirato da una
discussione con un ultrà rossonero
di Marco Philopat
Vengo dalla periferia sud-ovest di Milano, sono entrato
nella curva del Milan a 14 anni. Ci sono arrivato grazie alla passione per il
calcio. Se ci sono da quasi diciotto anni è perché tra gli spalti e nelle
trasferte mi sono nate grandi amicizie. Andare allo stadio e abbracciare la
cultura ultrà significa entrare nell’ottica di un vero e proprio stile di vita,
con i suoi ritmi, le sue regole, cioè… Sono dei linguaggi difficili da capire
per chi non è in mezzo. Vedi, ogni volta che ti piazzi in curva e sta per
iniziare una partita, ti senti… non come dire… aaaahhh… Sei zeppo d’adrenalina,
tensione, paura, e soprattutto c’è una gioia davvero impossibile da tradurre
con le parole. Durante la settimana hai un solo un’idea fissa nella testa,
quella di rientrare allo stadio per la prossima… È una malattia… Cioè, per
farti capire posso raccontarti una partita, per esempio Milan-Ajax di tre o
quattro anni fa per i quarti della Champion. All’andata ad Amsterdam non puoi
capire quanto ci siamo divertiti, però era finita 0 a 0 e qui a Milano la
vedevamo brutta… Se non vincevamo non avremmo potuto giocare il derby
europeo, anzi quelli dell’Inter sarebbero andati a divertirsi alle nostre
spalle ad Amsterdam. Quella volta in curva stavamo per scoppiare… 1 a 0 per noi, 1 a 1, 2 a 1, 2 a 2… A un minuto dalla fine
eravamo fuori dalla Champion… Disperazione totale, gli interisti ci avrebbero
preso per il culo alla grande… In quel momento di pensieri atroci, Inzaghi fa
un pallonetto… E la palla entra in rete… Puuuf, cioè… Un delirio… Stavo
volando giù dal secondo anello per l’intensità del casino…
Oggi le cose stanno peggiorando per noi ultrà, ti senti
braccato, certe volte sembriamo dei clandestini… Una volta avevi dei posti,
dei bar, delle sedi dove ti ritrovavi, ora è tutta una massa invisibile che
gira per le strade, un po’ in quel posto, un po’ nell’altro, siamo sempre in
movimento, come uno sciame di api per la città. Poi ci sono i siti, i blog,
molto avviene attraverso le reti, ci si organizza da lì, anche se alle volte è
meglio incontrarsi di persona, cioè, in quei casi puoi parlare più liberamente.
Un’altra differenza tra ieri e oggi sono i costi, tempo fa per una trasferta
erano sufficienti ventimila lire, adesso 50 euro non bastano mica, solo per
entrare in certi stadi te ne chiedono trenta. C’è gente che non ce la fa…
Così ci vanno solo i figli dei ricchi e quelli che fanno dei sacrifici
mostruosi: lavoro per 12 ore al giorno, mai al cinema, mai fuori a mangiare,
c’è chi non va mai in ferie… Ma uno non può rinunciare, fare l’ultrà è una
passione troppo forte, da portare fino in fondo, al cento per cento, è come una
famiglia, siamo tutti fratelli in curva.
C’è sempre qualcosa da esultare o qualcosa per cui ci rimani
male, quando perdi alla cazzo o quando la squadra fa schifo… Hai speso tutti
quei soldi e devi stare attento a non sfogare nemmeno un minimo la tua rabbia,
la polizia non aspetta altro! Ecco la cosa che è più cambiata, ormai con la
legge Amato, noi ultrà siamo trattati peggio dei delinquenti comuni. Poi ti
sembra logico che questi nuovi decreti ti proibiscono tutte le coreografie? Era
la cosa più bella e creativa: bandieroni, figure con i cartoncini di 2.000 metri quadri da
paura, non si può portare nemmeno più megafoni e tamburi… Che cazzo puoi fare
adesso? Sgolarti per tre ore con l’ugola in fiamme? Ormai alla fine della
partite rimaniamo tutti senza voce, cioè… Uno strazio… La gente si sbatteva
anche mesi per realizzare gli enormi striscioni e quando si esponevano venivano
coinvolti anche 15 mila tifosi. Sono cose fenomenali da vedere, era una festa
che ti faceva dimenticare tutto la rabbia che c’avevi in corpo.. Che cazzo di
male ti possono fare le coreografie? Poi c’erano dei tipi in curva bravi come
degli artisti… Cioè, per esempio… Io perché ho cominciato a interessarmi
alla cultura Hip Hop? Perché fin da ragazzetto stavo ore a guardare questi miei
amici che disegnavano gli striscioni o che battevano il tamburo inventando gli
slogan in versione rap, adesso senza tamburi e impianti voci come fai a farti
sentire da quelli che sono in alto… È impossibile, lo stadio è grande…
Comunque la repressione è controproducente, hanno rovinato tanti giovani con
questi assurdi giri di vite. Ti voglio vedere a te, se per caso stai un po’
nervoso per i cazzi tuoi, hai bisogno di stare bene, di sfogarti un po’ con i
tuoi amici, di fare un po’ di bordello… Ti ritrovi fuori dallo stadio con gli
sbirri che ti ringhiano sempre addosso, si entra dentro come degli scolaretti
senza folklore e nemmeno una bandierina da sventolare. Magari la squadra fa
schifo, magari ha perso, le altre tifoserie ti sfottono, hai speso un
patrimonio e devi stare ancora zitto… Cioè, ti pare logico? La stessa cosa
succede per le strade, non si può più dire nulla, fare niente, guarda come
trattano oggi i writer? Se passa la "task force", la nuova legge dove
persino i vigili urbani possono legarti… Per una bomboletta rischi la
galera… Ti puoi cuccare fino a due anni e sei mesi per una scritta sui muri!
Ma ti pare normale? In questo clima qualcuno sta a casa per settimane, per mesi,
poi quando esce non ne può più e magari si fa coinvolgere in cose che non
vorrebbe fare… Cioè, i giovani, soprattutto quelli che come me vengono dalle
periferie, non ci stanno più dentro… Così vengono fuori le stronzate… È una
merda di società nel suo completo, siamo controllati abbestia, figuriamoci per
noi ultrà o per chi ascolta il rap… Per me è una battaglia ogni giorno,
perché sono un ultrà veterano e mi piace ascoltare Fabri Fibra, il Vacca,
qualcosa dei Club Dogo e sono pure amico di tutti i writer di Milano. La vita
mi si stringe addosso, tra un po’, senza nemmeno rendermene conto, mi ritroverò
rinchiuso in una cella anch’io… Cioè, cazzo!
Intorno a San Siro ci sono una marea di muri pieni di
scritte a spray, ogni settimana ce ne sono di nuovi, strati su strati di tag e
disegni troppo belli… Cioè, sono delle vere opere d’arte, invece all’interno
dello stadio non puoi scrivere niente, nemmeno con un pennarello, sennò ti
blindano in un minuto, tutto grigio-cemento da far schifo. Credo che se
autorizzassero i writer a realizzare un grande muro interno, magari quello
della curva sud, tutti sarebbero più felici e ci sarebbero anche meno scazzi,
perché è proprio ganzo vedere uno stadio colorato in una città supergrigia come
Milano, ti dà un senso diverso, cioè, buone vibrazioni. Mi piacerebbe tanto
vedere uno stadio pieno di graffiti come quello di Monaco o quello fantastico
di Eindhoven in Olanda, che è una botta visiva micidiale, completamente
colorato, allegro, bellissimo… [fonte: Il Manifesto 08.12.07]