Identità pericolose

Identità pericolose in
una legislazione sbrigativa e poco efficace
Fonte: Meltingpot

euDi fronte ai fatti di oggi, a emergenze e sicurezze di
ogni tipo, a ondate xenofobe, a rigidi decreti, a espulsioni ed esclusioni che incombono,
ad allarmismi mediatici, da dove partire per districarci all’interno di una
complessità sociale ricca di codici e misure?

“E quando il prossimo Dicembre
cadranno le frontiere con altri nove paesi europei, cosa diremo? Parleremo di
nuove ondate delinquenziali magari polacche o slovene
?Nella nostra Europa, dove
migliaia di persone muoiono per raggiungerla e dove migliaia vivono in
condizioni di povertà, emarginazione e discriminazione in materia di alloggio,
sanità, educazione, forse è il rispetto per gli uomini e le donne la
peculiarità che ci può caratterizzare come civili
.”

Negli anni ’80 l’arrivo dei primi immigrati ha portato a proposte
legislative sbrigative e poco efficaci.
Anche negli anni ’90
con l’aumento dell’afflusso dei migranti vennero adottati dei provvedimenti di
ordine pubblico che contribuirono a far maturare un crescente atteggiamento di
ostilità da parte dell’opinione pubblica verso gli immigrati. Si trattava
soprattutto di immigrati albanesi: nel 1991 il rimpatrio di centinaia di
albanesi, nel 1995 le brigate dell’esercito pattugliano le coste pugliesi per
bloccare i “clandestini”, nel 1997 il blocco navale delle coste per fermare i
profughi con militari che presidiano l’Albania. A questi fatti, stampa,
movimenti e schieramenti politici di destra (pensiamo alla Lega Nord)
contribuiranno a diffondere negli anni successivi paura, repulsione ostilità
che si acuirono con il decreto Dini del 1995 e la legge Turco-Napolitano nel
1998.

Il decreto “ ha sancito il principio della chiusura delle
frontiere e delle espulsioni come risposte all’emergenza (…) restrizioni
degli ingressi (quote, lavoro stagionale, concessione del permesso di lavoro in
base ad una garanzia fornita da un datore di lavoro italiano)”. La legge nella
sostanza “riconferma e razionalizza la logica della chiusura perché introduce
l’espulsione dei sospetti o dei soggetti socialmente pericolosi e soprattutto
l’istituzione dei campi di detenzione per gli stranieri in attesa di
espulsione”.

Fu la volta poi degli immigrati di origine araba,
soprattutto dopo l’11 Settembre 2001 l’equazione “islam-terrorismo” è divenuta
la parola che ha coordinato i tanti mezzi di comunicazione fino a divenire un
esempio-modello di irrigidimento nei confronti di quei migranti, la cui
peculiarità era quella di essere di religione islamica. La differenza è incisa
sull’esclusione e si è tramutata nell’aumento di misure e controlli.

Oggi, in queste settimane, quell’equazione è stata rimpiazzata
da “rumeni-criminali”, travolgendo in quest’onda caotica anche i Rom (almeno 7
milioni in Unione Europea) che un po’ ovunque nelle nostre città stanno pagando
il prezzo di semplificazioni e generalizzazioni a suon di sgomberi. E nel caos
di questo mondo globalizzato e migrante molti sono coloro che si aggrappano ad
un’identità, nazionale, religiosa o razziale che sia. In un’epoca fragile come
l’attuale, la tendenza a chiudersi all’interno di patrie ed identità nazionali
ci porta a giocare con il fuoco, fino a quando anche le paure e gli odi
xenofobi divengono pericolose identità.

E quando il prossimo Dicembre cadranno le frontiere con
altri nove paesi europei, cosa diremo? Parleremo di nuove ondate delinquenziali
magari polacche o slovene?

Nella nostra Europa, dove migliaia di persone muoiono per
raggiungerla e dove migliaia vivono in condizioni di povertà, emarginazione e
discriminazione in materia di alloggio, sanità, educazione, forse è il rispetto
per gli uomini e le donne la peculiarità che ci può caratterizzare come civili
.

Leggi anche:
» da La Repubblica del 8
novembre 2007: "L’Europa:
"I fondi ci sono già" si allargano i confini di Schengen
"


» da Il Sole 24 Ore del 9
novembre 2007: "U.E: da
Bruxelles ingenti fondi ma l’Italia non li ha sfruttati
" [.pdf]

 

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