Ciao Gabriele!

Ciao Gabriele! Sono idealmente vicino a te e tutti coloro
che oggi ti si stringeranno intorno per darti l’ ultimo saluto. So che saremo
in tanti e, una volta tanto, sono sicuro che nessuno farà caso se il proprio
vicino indossa una sciarpa con dei colori differenti dai propri o se differente
è il colore della sua pelle. Questo Blog, in fondo, si batte proprio per questo
ma è dannatamente triste e fa tanta rabbia pensare che ciò possa avvenire solo perché ci hanno derubato del tuo sorriso. Sono certo che nessuno lo dimenticherà
quel sorriso, così come mi auguro, come scrive Ashley nell’ articolo qui sotto,
possa aiutare tutti noi a cambiare le cose… e quanto vorrei non fossero parole al vento… ti abbraccio forte! Matteo Ghione

Parole al vento
Scritto da Ashley Green – fonte Progetto Ultrà

Ciao Gabriele. Ieri in un nostro comunicato
stampa ho scritto che la tua morte non è stata accidentale. Ora mi chiedo cosa
mi risponderesti tu, che di partite e di trasferte ne hai vissute tante. Forse
mi guarderesti interdetto, riprendendo lo sguardo perplesso che ha solcato il
viso di molti di coloro che hanno letto quel comunicato. Forse però, proprio
perché sai come vanno le cose intorno ad una partita di calcio nel nostro
paese, mi daresti un’occhiata d’intesa, e insieme tristemente ci chiederemmo perché. Perché proprio tu? Perché
un’altra vittima? E ancora, perché
non riusciamo a capire dove stiamo sbagliando
?

Insieme potremmo forse riflettere, trovare un modo per far
capire al cittadino comune ed all’opinione pubblica che non è giusto affermare
che la tua morte è stata un semplice fatto di cronaca, che non è vero che non
ha niente a che fare con il calcio e con il tifo, con gli ultras. Probabilmente
sei stato ucciso davvero per un tragico incidente. Non è neanche così rilevante
sapere se il colpo sia partito per sbaglio o se invece ci fosse intenzione di
colpire qualcosa o qualcuno, e non importa nemmeno se tu abbia partecipato alla
scazzottata di cui parlano nel parcheggio dell’autogrill o se stessi dormendo
in macchina. Quell’incidente, quegli
spari, sono figli di un’inquietudine radicata che porta ormai a vedere nel
tifoso un possibile delinquente da fermare a tutti i costi, nei gruppi ultras
un fenomeno di violenza e criminalità da estirpare con qualsiasi mezzo
.

Sono sicuro che molti, arrivati a questo punto, storcerebbero il naso
ascoltando le nostre parole, rivedendo mentalmente le immagini di violenza di
Roma e Bergamo. Ci risponderebbero
che si tratta solo di delinquenti
, che vanno allontanati dagli
stadi e forse anche dalle strade. Chissà cosa potresti ribattere tu, e se ti
ascolterebbero. Forse racconteresti di quanto sia difficile ormai seguire la
propria squadra del cuore, di quanto sia complicato andare allo stadio; forse
anche tu ripenseresti con rammarico alla tristezza dei nostri spalti, sempre
meno colorati e sempre più militarizzati; e poi forse ti domanderesti a cosa
sono servite tutte le leggi speciali e i provvedimenti presi in questi anni. A
niente Gabriele. A niente.

Non sono servite a niente, e oggi sei tu purtroppo a ricordarcelo, perché da sempre indirizzate nella direzione sbagliata.
Perché ancora oggi ci si finge sorpresi se tutte le tifoserie organizzate,
avversarie o amiche, si sentono colpite nel profondo e sentono te, giovane
tifoso laziale, come uno di loro. Se chiedono tutte, a gran voce, che ti si
porti rispetto sospendendo le partite. Se
pretendono la verità per la tua morte
. E se, purtroppo, nella
tua città in tanti finiscono per scendere in strada a sfogare la propria rabbia
contro istituzioni e autorità.

Ci si sorprende, ma è la sorpresa di
chi non vuole o finge di non capire
. Una sorpresa che serve a
spostare l’attenzione sugli incidenti di domenica piuttosto che sulla tua
morte, a non riflettere e a non far riflettere ancora una volta sugli errori
commessi in questi anni su questi temi, a giustificare l’ennesima ondata
emergenziale di queste ore. Noi da anni proviamo a far capire che per isolare e
limitare le componenti puramente violente delle curve la strada giusta non è
eliminare il fenomeno nel suo complesso, ma trovare forme di mediazione, di
dialogo, di valorizzazione degli aspetti positivi, di coinvolgimento di quelle
stesse tifoserie che accettino di mettersi in discussione. Chissà quindi se la
tua voce potrebbe servire a cambiare qualcosa, ad interrompere questo circolo
vizioso senza fine, a favorire davvero un clima di distensione dentro e fuori
gli stadi. Poi purtroppo mi rendo
conto che anche tu, di fronte alle decisioni prese oggi dalle massime autorità,
forse preferiresti rimanere dove sei e lasciar perdere. Perché davvero non c’è
peggior sordo di chi non vuole sentire
.

 

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