Emergenza calcio o Italia?

In un editoriale su
"Repubblica" Gianni Mura fa, giustamente, di tutta l’erba un fascio
di Maso Notarianni – fonte: PeaceReporter

Scriviamo
qualche cosa sulle demenziali violenze di domenica? Non lo scriviamo? E’ dovere
di PeaceReporter occuparsi anche di casi come quello della morte
"accidentale" di un ragazzo ucciso da un poliziotto in autostrada e
del delirio che ne segue? Non si scioglieva, questo dubbio. Fino a che non
abbiamo letto su la
Repubblica
queste parole di Gianni Mura, grande giornalista e
grande amico.

Gabriele Sandri il giovane laziale ucciso da un poliziotto"Ho
pensato con tristezza – scrive Mura – all’educazione emotiva che Umberto
Galimberti vorrebbe nelle scuole. Ce ne sarebbe un gran bisogno, e non solo per
quanto riguarda il calcio. Tra le tante immagini sui vari canali, una m’è
rimasta più impressa. Un tifoso dell’Inter dei tanti davanti alla sede Rai, in
corso Sempione, che grida a un poliziotto impassibile dietro lo scudo: "Ma
che uomo sei, che spari in testa a un ragazzo?". E m’è venuta in mente la
storia del lupo e dell’agnello, dell’acqua del ruscello sporcata da chi stava a
valle, e della frase del lupo: se non sei stato tu è stato tuo fratello, o tuo
padre, o qualcuno dei tuoi. Uno si prende le colpe di tutti, se non c’è
educazione emotiva, sia egli poliziotto, romeno, giornalista, zingaro o ultrà.

E
si continua a respirare quest’aria brutta, da giustizia sommaria, da spedizione
punitiva, da assalto alle caserme, da irruzione al Coni, da auto in fiamme, da
sassi in mano. Se esiste (ed esiste) un’emergenza calcio, è strettamente
collegata a un’emergenza Italia che non è piacevole evocare né ammettere. Un
Paese in cui sembra quasi impossibile fare distinzioni elementari, in cui (stando
al tifo violento) ci si è cullati col modello inglese, la Thatcher e via dicendo,
ma senza leggi adeguate, in cui per anni il delinquente che tifa e il tifoso
che delinque sono stati incoraggiati a prosperare, e comunque sarà chiaro che
la sola repressione non può dare buoni frutti".

Parole
sante, a cui difficilmente se ne possono aggiungere altre.

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