Il Dna di Sarkozy

di Omeyya Seddik –
fonte: carta.org

bambino anti sarkozyFin dalla rivoluzione francese, la cittadinanza non è
basata sul sangue, in Francia, ed è vietato dalla legge basare qualunque
diritto su elementi biologici. Con l’emendamento Mariani [senatore della
destra, ndr.] alla legge sull’immigrazione, grazie al quale il ricongiungimento
familiare dei migranti si fonderà sull’esame del Dna, si sceglie quindi di
introdurre un elemento di «biologizzazione» della politica.
Va ricordato che l’emendamento sulla verifica del Dna sui
candidati al ricongiungimento familiare fa parte di una più ampia offensiva del
governo, che mira a restringere le possibilità di immigrazione. Nicolas
Sarkozy, il presidente, e Brice Hortefeux, il suo ministro dell’immigrazione e
dell’«identità nazionale», vogliono attuare una politica di cosiddetta
«immigrazione scelta», ovvero selezionare gli aspiranti migranti in funzione
delle loro competenze professionali, intellettuali, culturali, e farne il
principale canale di immigrazione. Non è un fatto nuovo. Dopo la seconda guerra
mondiale, gli imprenditori francesi andavano nel Maghreb, nell’Africa
subsahariana o in Italia, e organizzavano «visite mediche» per controllare lo
stato di salute della manodopera e così selezionarla. Si sceglievano i
lavoratori come si sceglie il bestiame. Oggi le competenze richieste non sono
esattamente le stesse. Ma l’Europa ha sempre bisogno di almeno 20 milioni di
migranti per garantire l’equilibrio delle economie nazionali.
Con il test del Dna è caduto il tabù del criterio
biologico, che vigeva dal nazismo. Non è una particolarità francese, ovunque in
Europa assistiamo a un ritorno di politiche della «razza» e della
biologizzazione delle politiche securitarie e dell’immigrazione.

Proteste in Francia
contro la legge sul Dna

Fonte: carta.org
Quarantamila firme in sole 48 ore contro l’emendamento
Mariani, quello che autorizza i test del Dna per i migranti candidati al
ricongiungimento familiare, non hanno fermato il senato, che ha già votato
l’articolo incriminato e sta approvando l’intero disegno di legge
sull’immigrazione presentato dal ministro all’immigrazione e all’«identità
nazionale», Brice Hortefeux. Nel frattempo la Cimade, il servizio ecumenico di aiuto agli
stranieri, ha pubblicato giovedì 4 ottobre il suo rapporto annuo sui Centri di
permanenza temporanea in Francia. L’organizzazione denuncia «la trasformazione
del dispositivo di detenzione e la sua industrializzazione». «La detenzione è
scivolata verso una logica di internamento, trasformando progressivamente
questi luoghi in campi», dove finiscono per 32 giorni le vittime di «arresti a
domicilio, retate in alcuni quartieri, arresti trappola in prefettura, arresti
di bambini all’uscita della scuola». Il rapporto insiste anche sulla
generalizzazione dell’internamento dei bambini, contro ogni principio di
protezione dei minori.
Nei Cpt, dove «attentati alla dignità delle persone e
dinieghi di umanità sono diventati quotidiani», sono state rinchiuse almeno
31.232 persone nel 2006, di cui il 45 per cento sono state espulse e il 54 per
cento sono state liberate o hanno ricevuto un foglio di via. Per
l’associazione, le prime vittime di questa politica sono i romeni, «per lo più
rom, che vivono su terreni al margine delle città».
Nel mirino dell’associazione, la «logica eticamente
inaccettabile» della politica governativa basata sul «fare sempre più numero da
dare in pasto all’opinione pubblica». Un’ossessione di cui la Francia sarkozysta detiene
il primato ma non l’esclusività: non ha caso l’Ue è impegnata da diversi mesi
nell’elaborazione di una direttiva sull’espulsione dei migranti irregolari, che
rischia di essere l’ennesimo colpo inflitto ai diritti dei migranti.

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