Repressione esternalizzata

Amato e Frattini aprono la strada
ad un accordo tra la Libia
e L’U.E. per combattere l’immigrazione illegale: a quale prezzo?

di Fulvio
Vassallo Paleologo – Università di Palermo
Associazione
studi giuridici sull’immigrazione (ASGI)
fonte:
Meltingpot

G.A.I.La notizia che il ministro degli interni Amato, con il
supporto del vicepresidente della Commissione Europea Frattini, è riuscito ad
ottenere dal Consiglio G.A.I. che si
è tenuto ieri a Bruxelles ( un organismo ristretto che riunisce i 27 ministri
dell’interno dei paesi comunitari) un “mandato” alla Commissione dell’Unione
Europea per negoziare con la
Libia il sostegno al controllo militare delle frontiere sud
con il Niger, il Chad e il Sudan, non sorprende. L’impegno italiano costituisce
il prezzo imposto da Gheddafi per dare accesso alle pattuglie congiunte di
Frontex nelle acque libiche, obiettivo lungamente perseguito dal governo Prodi,
che nel mese di aprile aveva inviato il ministro degli esteri D’Alema a Tripoli
proprio allo scopo di negoziare la collaborazione dei libici nel contrasto
dell’immigrazione clandestina. Sembra a questo punto che a nessuno dei politici
europei interessi quanto avviene quotidianamente in Libia, paese nel quale
migliaia di richiedenti asilo, sudanesi eritrei e somali in particolare,
vengono quotidianamente rastrellati ed incarcerati, in attesa di essere espulsi
verso paesi nei quali troveranno torture e morte. Effetti collaterali della
guerra all’immigrazione illegale.

Da anni l’Italia paga un prezzo assai alto economicamente
e politicamente per assicurarsi l’impegno della Libia nel blocco dei migranti e
dei richiedenti asilo che attraverso quel paese cercano di arrivare in Europa.
I vertici di Rabat e di Tripoli nel 2006 hanno segnato una tappa vergognosa
della rincorsa del governo italiano nel tentativo di accreditare la Libia come un paese
affidabile con il quale collaborare in campo politico ed economico, a partire
dal gas e dal petrolio, sulla pelle dei migranti incarcerati ed abusati in
tutti i modi in quel paese. Nella corsa a conquistarsi i favori del regime
libico, la liberazione delle infermiere bulgare e del medico palestinese ha
segnato un punto a favore del presidente francese Sarkozy, che per questa
operazione è sotto inchiesta nel suo paese per sospetto traffico di armi con la Libia. Adesso l’asse
Amato-Frattini vorrebbe recuperare una posizione di preminenza nei rapporti con
il governo libico. Ma le torture inflitte alle infermiere bulgare ed al medico
palestinese nelle carceri libiche non sono un fatto isolato. Centinaia di donne
che sono giunte a Lampedusa sono state stuprate dai trafficanti e dalla polizia
libica che li copriva, e numerosi minori non accompagnati sono stati costretti
per anni a lavorare come schiavi. Nelle carceri e nei centri di detenzione
libici dove vengono internati non solo i migranti privi di documenti di
soggiorno, ma anche quelli che hanno avuto un riconoscimento internazionale
dall’ACNUR come rifugiati, la tortura è un evento quotidiano ed anche un
piccolo gesto di ribellione può costare la vita.

Riteniamo semplicemente indecente che il governo italiano
continui ad utilizzare come alleato nella "lotta all’immigrazione
clandestina" uno stato come la
Libia che non nasconde le sue mire egemoniche ed i suoi buoni
rapporti con governi che in Africa si stanno macchiando di crimini orrendi,
come il governo sudanese e quello eritreo. La Libia collabora apertamente con il governo
sudanese, complice delle stragi in Darfur ed ha buoni rapporti persino con la
dittatura eritrea al punto che ha già annunciato di volere espellere in Eritrea
oltre quattrocento migranti , molti dei quali disertori, attualmente detenuti a
Misurata, uomini e donne che rischiano carcere e torture inaudite. Nel silenzio
più assoluto della comunità internazionale. E della politica italiana.

Lo sviluppo delle relazioni con la Libia, inquadrato nel
contesto del fallimento delle operazioni di Nautilus e di Frontex nel
Mediterraneo, con il moltiplicarsi delle stragi di migranti e con la
persecuzione penale con la quale si vorrebbero dissuadere i pescatori ed i
mezzi civili dal compiere azioni di salvataggio, deve richiamare all’attenzione
dell’opinione pubblica la necessità di una svolta delle politiche nel
mediterraneo e dei rapporti con i paesi rivieraschi in materia di immigrazione ed
asilo. Vanno interrotti immediatamente i finanziamenti concessi dai governi
europei ai paesi di transito per mantenere “centri di raccolta” dei migranti
irregolari, che assumono spesso, come rilevato in Libia da Human Rights Watch e
da una delegazione del Parlamento europeo, il carattere di veri e propri lager.
Come vanno interrotti i finanziamenti europei dei voli con i quali gli stati di
transito, come la Libia,
restituiscono molti potenziali richiedenti asilo alla polizia dei paesi, come
l’Eritrea, dai quali questi sono fuggiti.

Il principio di non refoulement affermato dall’art.33
della Convenzione di Ginevra è violato di continuo e l’Europa, con la spinta
determinante del ministro Amato, apre un negoziato con un paese che non ha
neppure sottoscritto la
Convenzione di Ginevra. Piuttosto che finanziare campi di
detenzione amministrativa nei paesi di transito, strutture che diventano luoghi
di abusi e di traffici di ogni tipo, occorre istituire, negli stessi paesi di
transito, veri e propri centri di accoglienza per i richiedenti asilo. Bisogna
estendere l’istituto dell’asilo extraterritoriale, dare quindi la effettiva
possibilità di presentare una richiesta di asilo anche nei paesi di transito,
in modo da garantire rigoroso rispetto del principio di non refoulement
previsto dalla Convenzione di Ginevra e del divieto di trattamenti inumani o
degradanti, previsto dalla Convenzione dell’ONU contro la tortura e dalla
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Di fronte alla composizione mista dei flussi migratori
occorre un regolamento europeo che superi la Convenzione di Dublino
e garantisca la salvaguardia della vita umana a mare e la protezione dei
soggetti più vulnerabili come i richiedenti asilo, le donne ed i minori. In
particolare si devono depenalizzare al più presto gli interventi di salvataggio
a mare da parte delle imbarcazioni non militari, in modo da rendere più
tempestive le azioni di salvataggio.

Deve essere riconsiderata dai Parlamenti nazionali la
materia degli accordi di riammissione, sia perché in contrasto con le normative
internazionali ed interne in materia di protezione dei diritti fondamentali
della persona migrante, sia perché le azioni di polizia attuate sulla base di
tali accordi sono sottratte ad ogni effettivo controllo giurisdizionale.

Le democrazie europee non possono continuare a delegare il
lavoro “sporco” contro i migranti agli stati di polizia del Nord-africa. La
“esternalizzazione” dei controlli di frontiera voluta e finanziata da Bruxelles
ha prodotto morte, abusi ai danni dei soggetti più vulnerabili come donne e
bambini, ed ha arricchito le organizzazioni criminali che gestiscono nei paesi
di transito il traffico dei migranti, spesso con la complicità delle forze di
polizia. La frontiera Schengen ha già ucciso abbastanza, non c’è proprio
bisogno di estenderla sino al confine con il Niger, il Chad, il Sudan.

Qualunque possibilità di ripresa economica e sociale dei
paesi di transito, che non si risolva nell’ulteriore arricchimento delle
oligarchie al potere, passa attraverso relazioni politico-commerciali
trasparenti, con il ripristino delle garanzie dei diritti fondamentali delle
persone, dei migranti e degli stessi abitanti di quei paesi, costretti a subire
regimi dittatoriali supportati dalle intese politiche e di polizia degli stati
europei. Coloro che oggi ingannano l’opinione pubblica proponendosi come i difensori
della identità europea e della sicurezza, promuovendo la esternalizzazione dei
controlli di frontiera,e nel frattempo utilizzano gli stati di transito come
gendarmi nella “guerra” all’immigrazione clandestina, fornendo armi e
tecnologie militari, stanno innescando una vera e propria “bomba a tempo” che
potrebbe esplodere ai confini della “fortezza Europa” con gravi ripercussioni
sulle relazioni tra i paesi europei e sulle popolazioni delle due rive del
Mediterraneo.

Fulvio
Vassallo Paleologo
Università
di Palermo
Associazione
studi giuridici sull’immigrazione (ASGI)

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