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11 settembre 2001
Se l’11 settembre 2001 fu "il
giorno che cambiò il mondo", per Rudolph Giuliani lo ha cambiato ancora di
più. Prima degli attentati Giuliani era il popolare sindaco di
New York. Sulle macerie di Ground Zero diventò "il primo cittadino
d’America". Ora punta alla presidenza
11/9 Torna l’ombra di Bin Laden
Alla vigilia del sesto anniversario
dell’11/9, un video di Osama parla agli statunitensi
Osama bin Laden non compare mai per caso. Dopo tre anni
dalla sua ultima apparizione lo sceicco del terrore ritorna con un video, che i
cosiddetti esperti ritengono autentico. Alla vigilia del sesto anniversario
dell’attentato alle Torri gemelle il ricercato numero uno manda un messaggio,
indirizzato ai cittadini statunitensi, in cui parla di Iraq e capitalismo e li
invita a convertirsi all’islam.
11 settembre 1973
L’ultimo discorso del presidente cileno da Radio Magallanes
Il golpe cileno, il palazzo della
Moneda in fiamme, il tradimento del generale Augusto Pinochet. 34 anni dopo
aver imposto con la violenza il laboratorio del neoliberismo, un nuovo partito
pinochetista si affaccia sullo scenario politico cileno
Il testamento
di Allende
lo Slide show con audio sull’
ultimo discorso del Presidente Allende
Militari nostalgici di Pinochet formano un partito politico
I militari nostalgici di Pinochet
formano un partito politico e commemorano l’11 settembre ‘giorno del gesto
eroico’
È nato nel Club delle Cento Aquile di Santiago del Cile,
culla dei cadetti della Scuola Militare, sotto l’ala del Partito regionalista
indipendente. Si chiama Partito metropolitano militare e ha due obiettivi:
partecipare alle lezioni amministrative del 2008 e alle politiche del 2009, in nome dell’ex
dittatore Augusto Pinochet, e appoggiare, in difesa della sua opera, tutti gli
imputati dei processi contro i repressori del regime. Ad annunciarlo, il
quotidiano cileno La Nacion.
11 settembre,
riappare il fantasma di mezzanotte
L’ Opinione di Giulietto Chiesa
da Il Manifesto del 9 settembre 2007
Ecco la nuova apparizione dell’ectoplasma, altrimenti
detto Osama bin Laden. Vigilia del sesto anniversario dell’11 settembre,
puntuale come il fantasma di mezzanotte. Il direttore della Cia, che l’ha
annunciato, fa sapere che è la prima prova, dal 2004, che Osama sarebbe ancora
vivo. Cioè dalla famosa esternazione, a tre giorni dal voto, che contribuì non
poco alla rielezione di George W. Bush. Se tanto ci dà tanto, qualche cosa sta
per accadere anche in questo caso.
Tra i terroristi arrestati in Germania, quelli presi in
Danimarca, il clima di un attacco contro gli Stati Uniti sembra finalmente
propizio. Proprio come aveva previsto Zbignew Bzezinski il 2 febbraio scorso
parlando davanti alla commissione Difesa del senato americano.
Vedrete, aveva detto l’ex segretario alla sicurezza
americano (sotto Jimmy Carter), quando sarà chiaro che Al Maliki non riesce a
raggiungere gli obiettivi assegnatigli, Washington comincerà ad accusare
l’Iran, poi ci sarà un attentato terroristico su grande scala, magari contro
gli Stati Uniti, subito dopo il quale il presidente ordinerà l’attacco contro
l’Iran. L’unica cosa che Bzezinski non aveva detto era che, per la messa in
scena, sarebbe stato opportuno che riapparisse l’ectoplasma.
Il vuoto è stato riempito.
Peccato che l’ectoplasma avesse la barba un po’ troppo
nera. Forse hanno esagerato con la tintura.
Per adesso tutti scrivono le notizie che fornisce la Cia e, dietro la Cia, la Cnn e così via copiando. Ma
non è escluso che, anche in questo caso, si scoprirà, tra un fotogramma e
l’altro, il logo della Intelservices, la ditta americana che sembra abbia
l’esclusiva delle immagini di Osama bin Laden.
Vedremo, ma per intanto sarà utile ricordare che non una
sola delle apparizioni del suddetto ectoplasma è stata autenticata come vera.
A partire dalla prima, qualche mese dopo la tragedia, che
fu trovata misteriosamente in una cassetta in una grotta afgana, da non meglio
identificati militari americani. In quel caso, come in tutti i successivi,
l’intero mainstream mondiale abboccò all’amo (volentieri per altro) senza
verificare, senza controllare. Proprio come questa volta. Sarebbe bastato poco,
allora, per scoprire che il protagonista somigliava a Osama bin Laden più o
meno come chi scrive somiglia a Magdi Allam. Il naso non era suo, gli occhi
nemmeno, aveva un anello d’oro che non avrebbe dovuto, e la telecamera sembrava
proprio attaccata al bavero di uno spione ficcato nel gruppo per riprendere di
nascosto. E soprattutto si capiva poco di quello che stava dicendo. Vatti a
fidare delle traduzioni. Forse l’aveva fatta, in quel caso, il famoso Memri,
che sta a Washington, che è stato diretto da un ex agente del Mossad e che
sbaglia – non certo per caso – a tradurre perfino Ahmadinejad.
Spesso, quando mi capita di dubitare delle storie che ci
hanno raccontato sull’11 settembre, c’è sempre qualcuno che mi chiede, tra
stupito e indignato (anche tra gente di sinistra): ma come possiamo dubitare? Lo
stesso Osama bin Laden ha rivendicato di essere stato l’autore dell’attentato!
In effetti bisognerebbe prima essere certi che quello che
parla è Osama. E abbiamo molte ragioni per dubitarne. Ma, anche se lo fosse,
resterebbero sempre non poche questioni da risolvere. Quando parla, le rare e
tempestive volte che lo fa, riesce sempre a inanellare considerazioni
irrilevanti e qualche sciocchezza. Anche in questo ultimo caso: «Da noi non si
pagano le tasse», avrebbe detto. Ma vi pare che, con il poco tempo a disposizione,
uno che pretende di tenere in scacco l’occidente intero non sappia inventare
qualche cosa di più solenne, di più ieratico?
E, se non fosse lui che parla – cosa che inclino a pensare
– come mai non ha mai avuto un soprassalto di orgoglio mandando ad Al Jazeera
un veemente comunicato di smentita? Invece neanche uno. Come se fosse d’accordo
e stesse lasciando che gli facciano fare la parte. Solo se fosse defunto un
tale comportamento sarebbe scusabile.
Ma, se fosse defunto, chi è l’autore di questo ectoplasma?
Del suo vice Al Zawahiri neanche a parlarne. Quello appare molto più di
frequente, ma da quando abbiamo saputo che partecipò attivamente alle vicende
delle brigate islamiche che combatterono in Bosnia e in Kosovo, equipaggiate
dall’Mpri (Military personnel research incorporated, filiale Cia) e, qualche
anno prima, fece un giro negli Stati Uniti, accompagnato da un agente dei
servizi segreti americani, per raccogliere fondi a sostegno della Jihad,
abbiamo pochi dubbi che si tratti di personaggio equivoco. Agente semplice,
doppio, o triplo. E un agente che si rispetti non smentisce mai. Un po’ come il
defunto Al Zerkawi, il molto temibile capo di Al Qaeda in Irak, di cui il
generale George W. Casey Junior dice di aver fabbricato alcuni documenti e il
comandante delle operazioni psicologiche in Irak, Mark Kimmit, dice
testualmente che «il programma Al Zarkawi di operazioni psicologiche (psyop) è
la campagna d’informazione meglio riuscita» (vedi Washington Post del 10
aprile).
E come prendere sul serio il nuovo capo di Al Qaeda, tale
Abu Omar al-Baghdadi, «commendatore dei credenti», se Kevin J Bergner,
consigliere del presidente americano, rivela che colui che lo impersonò nel
momento della sua solenne apparizione, il 15 ottobre 2006, era un attore e che
«Al Qaeda in Irak e una pura mistificazione»? (New York Times, 19 luglio).
Tutto si può fare, salvo credergli.