Lettera aperta dei
capifamiglia delle comunità rom
Caro candidato sindaco Francesco Rutelli, ancora una volta
torniamo a scrivere in seguito a una scampata tragedia. Pensavamo che dopo aver
lasciato il ghetto di Vicolo Savini a Roma, dove vivevamo in mille persone
dentro baracche fatiscenti, non avessimo più incontrato il terrore delle
fiamme. Ancora una volta lo scenario a cui abbiamo assistito è quello di un
container in fiamme, di persone in fuga, di famiglie in cerca di nuova
ospitalità. Siamo 120 famiglie che sono stanche di vivere nelle condizioni
attuali, ospiti di un centro di accoglienza che qualcuno chiama «villaggio
della solidarietà» e che nella realtà significa una fila impersonale di
container posizionati nel nulla a 30
km di distanza da Roma. Non era questo quello a cui
pensavamo quando ci siamo spostati da Vicolo Savini, il più grande campo rom
d’Europa (…) Sono più di 40 anni che viviamo a Roma, i nostri figli
frequentano le scuole della città, molti di noi sono cittadini italiani, mentre
altri ancora vivono con il rischio della scadenza del permesso di soggiorno.
Abbiamo legami affettivi con molti gagè, viviamo di espedienti, di piccoli lavori,
ma rischiamo di scivolare quotidianamente verso i rischi dell’illegalità. Nel
campo in cui ci troviamo non c’è acqua potabile, non c’è collegamento pubblico
con la città, il freddo impazza d’inverno e d’estate le nostre case di
alluminio diventano inospitali. Negli incontri precedenti allo spostamento da
Vicolo Savini, che pure ci vide favorevoli, il Comune ci parlò di speranza, di
uscita dal ghetto. Ora, dal 14 settembre 2005, data dello spostamento, ad oggi,
non abbiamo fatto un passo avanti verso il futuro. C’è da dire, inoltre, che il
sistema di assistenza del campo, costa milioni di euro, così come lo
spostamento per la scolarizzazione. Denaro pubblico che potrebbe essere
utilizzato per un sistema di accoglienza stabile, per case, servizi, non soltanto
per noi rom, ma anche per cittadini italiani che come noi vivono la precarietà
abitativa. In questi mesi si è sentito parlare spesso di sicurezza, di
emergenza rom. Siamo sicuri che con il giusto investimento di questo denaro
pubblico, con un programma di uscita dei rom «storici» dai campi per
inserimenti abitativi, con una politica capace di sanare chi di noi è ancora
assurdamente irregolare dopo decenni di presenza in Italia, con un nuovo piano
di inclusione delle comunità rom, saremo in grado di prenderci cura in maniera
diversa della nostra comunità; saremo in grado di dare futuro e sicurezza ai
nostri figli e alle nostre famiglie (…)
Caro candidato sindaco, pensiamo che nel tuo programma di governo della città,
devi dare indicazioni chiare su come farci uscire dall’inferno dei campi rom.
Il tuo programma non può non considerare quanti di noi stanotte hanno rischiato
la vita tra le fiamme; non può non parlare dei nostri diritti come dei nostri
doveri; nel tuo programma un capitolo dovrà essere dedicato ad un tema che la
città rischia di affrontare con la peggiore cultura xenofoba. Per impedire ciò,
è necessario un piano che preveda la chiusura dei campi rom a partire dal campo
di via Pontina. Chiudere il campo per realizzare gradualmente inserimenti abitativi,
in case popolari, in luoghi abbandonati da recuperare, in luoghi anche distanti
dalla città, purchè dignitosi. E’ necessario insomma incontrarci per discutere
del nostro futuro. Ti chiediamo quindi vedere nella tua agenda un giorno in cui
dedicarti alla nostra causa, un giorno in cui ascoltare e discutere con noi i
nostri problemi. Ci piacerebbe vederti nel campo di Pontina, nel luogo in cui
qualcuno vorrebbe relegare il futuro del nostro popolo. Ma siamo anche disposti
ad incontrarti con una delegazione scelta tra le famiglie della comunità.
* I capifamiglia delle comunità rom