L’uomo sarebbe salito a bordo di un peschereccio da un
gommone alla deriva al largo di Lampedusa. Secondo le testimonianze dei
compagni sarebbe stato ributtato in acqua e sarebbe annegato. L’accusa è di
omicidio
di Cinzia
Della Valle, fonte: Il Manifesto, 12/01/08
Palermo. I suoi compagni di viaggio hanno raccontato
quelle immagini ancora imprese nella mente con la stanchezza nel viso per la
lunga traversata, un viaggio finito in tragedia, con la scomparsa di un uomo,
al largo di Lampedusa, il cui corpo non è ancora stato ritrovato della guardia
costiera. I migranti hanno ricostruito le fasi drammatiche, con il loro
compagno che si getta in mare per raggiungere il peschereccio con l’equipaggio
che però invece di soccorrerlo lo respinge. L’uomo cerca di aggrapparsi all’imbarcazione,
di resistere alle onde, ma il mare è più forte e il suo corpo scompare, sotto
gli occhi terrorizzati degli altri migranti, ammassati l’uno accanto all’altro
nel barcone in attesa dei soccorritori che arriveranno più tardi. Dopo avere
ascoltato il racconto terribile dei superstiti, gli uomini della Capitaneria di
porto di Lampedusa hanno fermato il comandante del peschereccio pugliese «Enza
D» del compartimento di Molfetta, fermo nel porto dell’isola pelagica. Mariano
Ruggieri, 47 anni di Bari, si trova nel carcere di Agrigento con l’accusa di
omicidio.
Nelle prossime ore il capitano del motopesca sarà
ascoltato dalla magistratura, che deciderà sulla convalida del provvedimento.
Ma gli investigatori, che hanno interrogato a lungo gli altri quattro componenti
dell’equipaggio dell’Enza D, ritengono di avere trovato riscontri sufficienti
per sostenere l’accusa di omicidio. A dare il primo input alle indagini sono
stati i sessanta migranti soccorsi l’altro ieri al largo di Lampedusa, su un
gommone alla deriva, da una motovedetta della Guardia di Finanza. I superstiti
– in gran parte somali, ma anche ghanesi, nigeriani, liberiani e senegalesi –
hanno raccontato di essere partiti tre giorni prima dalle coste libiche e di
essere rimasti senza carburante e senza cibo. Ridotti allo stremo, hanno
avvistato un peschereccio. Sul gommone si è subito scatenata la bagarre per
salire a bordo. Un giovane somalo ha cercato di anticipare i suoi compagni: si
è lanciato in acqua e, dopo poche bracciate, è riuscito ad arrampicarsi in
coperta. A quel punto l’imbarcazione ha virato, allontanandosi immediatamente
dalla zona.
Gli immigrati dicono di non sapere cosa sia
successivamente accaduto, ma hanno fornito una serie di indicazioni che hanno
portato a identificare il peschereccio. Così, quando l’Enza D. ha ormeggiato
nel porto di Lampedusa, i carabinieri hanno subito interrogato il comandante,
che sarebbe caduto in numerose contraddizioni. Le testimonianze degli altri
componenti dell’equipaggio avrebbero poi confermato l’ipotesi dagli
investigatori: il somalo, dopo una breve colluttazione, sarebbe stato
abbandonato in mare dal comandante. Qualcuno ha aggiunto di averlo visto
scomparire tra i flutti. Il tratto di mare tra Malta e la Libia dove sarebbe avvenuta
la tragedia è stato perlustrato dalle motovedette, da una nave della Marina e
da un aereo, ma senza alcun esito.
La vicenda ha suscitato sconcerto tra gli stessi
pescatori, che in diverse occasioni hanno rischiato di persona per soccorrere i
clandestini in difficoltà. Proprio il comandante di un altro peschereccio
pugliese, il Salvatore De Ceglia, era stato premiato il 20 giugno scorso
dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) per avere salvato la vita
di decine di migranti che avevano fatto naufragio. Mentre hanno fatto storia i
racconti dei pescatori di Portopalo, che ad anni di distanza dal naufragio di
Natale ’96, continuavano a pescare i resti delle vittime.