Trentanove detenuti suicidi
dall’inizio dell’anno
di Luca
Galassi fonte Peacereporter
Nelle carceri italiane si continua a morire. Per omicidio,
per malattia, per overdose, per ‘cause da accertare’. Ma soprattutto per
suicidio. I detenuti si tolgono la vita con una frequenza venti volte maggiore
rispetto alle persone libere. Spesso, lo fanno negli istituti dove le
condizioni di vita sono peggiori: strutture fatiscenti, con poche attività
ricreative, con scarsa presenza del volontariato. A ottobre si sono suicidate
sette persone. Trentanove dall’inizio dell’anno. Quattrocentoventotto dal 2000.
I ‘casi’ registrati dal centro di documentazione ‘Ristretti Orizzonti’, la
fonte più ricca e aggiornata in materia di carceri, non rappresentano però la
totalità delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari. Sono quelle
ricostruire in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei
siti internet, delle lettere che scrivono i volontari o i parenti dei detenuti.
Molte morti passano ancora sotto silenzio, nell’indifferenza dei media e della
società.
Giorgio. Il caso più recente di suicidio è
quello di Giorgio, detenuto di 48 anni impiccatosi a Prato con i lacci delle
scarpe. Aveva passato gli ultimi sei mesi come detenuto modello. Non una
sbavatura, non una parola o un gesto fuori dalle regole. Punito con sei anni
per crimini sessuali, viene rinchiuso nella sezione 7 del penitenziario, quella
più protetta. Il 28 ottobre il compagno di cella di Giorgio rientra, si dirige
in bagno, ma la porta è bloccata. Chiama le guardie. E’ il corpo di Giorgio che
preme, attaccato ai tubi del soffitto con i lacci delle scarpe. Il tentativo di
suicidio compiuto in carcere è punito disciplinarmente (come avviene anche per
l’autolesionismo, il tatuaggio, il piercing), in base all’articolo 77 del
Regolamento penitenziario. Oltre alle possibili sanzioni decise dal Consiglio
di disciplina (richiamo, esclusione dalle attività, isolamento), l’infrazione
disciplinare comporta la perdita dello sconto di pena per buona condotta
(liberazione anticipata). Il codice penale, invece, non considera reato il
tentativo di suicidio.
Doppia sofferenza. Quello di Giorgio è un suicidio
anomalo, apparentemente senza spiegazione. Spesso le persone che si sono tolte
la vita erano affette da malattie invalidanti, o ricoverate nei centri clinici
penitenziari. Il fatto di raggruppare i detenuti in base al loro stato di
salute, con l’occasione di specchiarsi quotidianamente nella doppia sofferenza
dei compagni, quella della detenzione e quella della malattia, contribuisce a
far perdere ogni speranza. Nella ‘perdita di ogni speranza’ c’è forse la
spiegazione, elementare e palese, per la maggior parte dei suicidi che
avvengono nelle carceri. "Si uccide chi conosce il proprio destino e ne
teme l’ineluttabilità", scrive l’associazione ‘A buon diritto’. La ricerca
di ‘Orizzonti ristretti’ evidenzia come l’ingresso in carcere, i giorni
immediatamente successivi e quelli prima della scadenza della pena siano il
momento di rischio più elevato. Si tolgono la vita più frequentemente coloro
che hanno ucciso il coniuge, parenti o amici. Più raramente i responsabili di
delitti maturati nell’ambito della criminalità organizzata.
Un terzo sono
giovani. Alcuni
eventi della vita detentiva, poi, sembrano funzionare da innesco rispetto alla
decisione di’farla finita’: il trasferimento da un carcere all’altro (a volte
anche solo l’annuncio dell’imminente trasferimento, verso carceri e situazioni
sconosciute), l’esito negativo di un ricorso alla magistratura, la revoca di
una misura alternativa, la notizia di essere stati lasciati dal partner.
Abbastanza rari, invece, sembrano essere i casi di suicidio direttamente
connessi all’arrivo della sentenza di condanna. Circa un terzo dei suicidi
aveva un’età compresa tra i 20 e i 30 anni e, più di un quarto, un’età compresa
tra i 30 e i 40. In
queste due fasce d’età il totale dei detenuti sono, rispettivamente, il 36
percento e il 27 percento: quindi i ventenni si uccidono con maggiore
frequenza, rispetto ai trentenni. Nelle altre fasce d’età le percentuali dei
suicidi non si discostano molto da quelle del totale dei detenuti.