«Aprobada!», e il popolo indigeno esulta per la sua costituzione

Sull’altipiano andino
i delegati hanno dato vita a un progetto che ridà loro dignità e speranza

di Diletta Varlese – Oruro (Bolivia)

Costituzione popoli andiniOruro, altipiano andino, 230 km dalla capitale La Paz.
Vento secco e
freddo, l’altitudine dei 4.200
metri si fa sentire battendo forte sulle tempie.
Nell’Università tecnica della città sono stati convocati i rappresentati
dell’ assemblea costituente: all’appello hanno risposto in 165 poco più del
quorum necessario per rendere valida la plenaria. Caricati su tre autobus, la mattina, e trasferiti di gran
carriera nella roccaforte del Mas, il partito di Evo Morales. Oruro non è stata
scelta a caso: qui gli indigeni aymara la fan da padrone, ed è certo che non ci
saranno oppositori del governo che avranno voglia di protestare, come è
successo a Sucre due settimane fa (4 morti e 100 feriti). «Pensavamo di riunirci nel Chapare durante la settimana –
la zona del tropico di Cochabamba, territorio dei cocaleros di Morales -, ma
l’approvazione della costituzione non può aspettare», ha annunciato in
mattinata la presidenza dell’Assemblea. Tempo massimo della plenaria 16 ore, e
i 408 articoli della nuova costituzione devono essere approvati «sì o sì», come
si usa dire in modo perentorio da queste parti. Fuori dall’Università gli uomini e donne aymara e
quachuwa, bandiere della Bolivia e wipala, la bandiera a scacchi multicolore
che rappresenta il quollasuyo, la nazione indigena delle Ande. Centinaia i cartelli inneggiano alla nuova costituzione,
alla mano dura contro i separatisti delle regioni d’oriente, contro i ricchi
terratenientes e, ovviamente, in favore del presidente indigeno, Evo Morales,
quello che «ha fatto il miracolo».

L’Assemblea rappresenta realmente le varie anime di questo
paese, anche nei colori e nelle fisionomie. Gli abitanti originari della
Bolivia sono solo il 62% della popolazione, ma hanno una varietà infinita di
vestimenta, orpelli, polleras (le gonne ampie della donne quechuwa e aymara) e
idiomi.

C’è voluto un anno e mezzo di lavori, con sei mesi di
proroga, per riscrivere la costituzione dello stato e mantenere la promessa che
Morales ha fatto quando è stato eletto il 18 dicembre del 2005: «Vamos a
nacionalizar los hidrocarbuors y a crear la Asamblea constituyente». Per la Bolivia, così «povera e
indigena», questo processo ha un significato enorme: vuol dire, si legge negli
intenti «la decolonizzazione dello stato, lo svecchiamento di una base
costituzionale che risale al 1886», dove le nazioni originarie non erano prese
in considerazione come abitanti legittimi.

Uno per uno vengono letti e poi dibattuti gli articoli. «En
favor, a contra, abstenciones… aprobado!».
È Silvia Lazarte, la «Presidenta», come la chiamano
qui, della Assemblea. Donna quechua tutta d’un pezzo, segretaria nazionale
dell’organizzazione delle donne originarie «Bartolina Sisa», «la Silvia» è, per le
popolazioni dell’altipiano, l’eroina dei nostri tempi, l’alter ego femminile di
Evo Morales: ad ogni suo «aprobado!» le votazioni scorrono via veloci come
fulmini.

Alle 12,30 di domenica, dopo quasi 17 ore di lavori,
discussioni, minacce, alzate di voce e stanchezza, Silvia Lazarte si alza in
piedi e dice: «Oficialmente esta apruebada la nueva constitucion de Bolivia»,
ufficialmente è approvata la nuova costituzione della Bolivia.

Scoppia l’inno nazionale, tutta l’Assemblea in piedi, la
mano destra sul cuore e quella sinistra alzata a pugno, e cantano e piangono, e
si abbracciano, non ci sono più alleati o nemici, il lungo parto della nuova
costituzione è finito.

Già arrivano rumori che dalla città dell’opposizione
(Santa Cruz, la Medialuna
delle regioni ricche e dei prefetti che chiedono l’autonomia dal governo
centrale) non hanno preso per niente bene la nuova costituzione, firmata e
approvata in fretta e furia, evitando di dar spazio a mobilitazioni di
disturbo.

Tra 120 giorni, conferma il Tribunale supremo elettorale,
si darà il referendum popolare che sottopone all’approvazione del popolo
boliviano la nuova Carta Magna. Nel frattempo la mezzaluna pensa già a
delegittimare il testo e a definirsi autonomia politicamente e economicamente,
con o senza Morales.

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