Togliere alle Poste i permessi di soggiorno

Sabato scorso nche a Milano come
in tante altre città si è levata la protesta dei migranti: file estenuanti alle
Poste per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno alla “modica” cifra di
72 euro! Ma tanta rabbia anche verso il perdurare della legge Bossi Fini
malgrado le promesse elettorali del centrosinistra e sul nuovo decreto flussi. Dopo
tre ore di presidio in Piazza Cordusio, un ragazzo prende il microfono e
conclude: «Voi pensate che io sia
contento di essere considerato immigrato, straniero, clandestino? Essere
immigrato o essere italiano non è una scelta. E’ solo il caso».

migranti in fila alle PosteTogliere alle Poste i permessi di soggiorno
di Michela Chimenti, fonte: carta.org

Dei migranti si dice di tutto, ma raramente si dice e si
scrive che hanno le idee molto chiare. La manifestazione di sabato scorso in
Piazza Cordusio a Milano, davanti alla sede centrale delle Poste italiane, ne è
stata la dimostrazione. Durante il presidio [organizzato, fra gli altri, da
Rete migrante Milano, Centro delle culture, Partito umanista, Todo cambia,
Rifondazione comunista] sono stati tutti molto determinati nel chiedere a gran
voce che sia annullato il protocollo fra lo stato e le Poste per il rinnovo dei
permessi di soggiorno le pratiche per il permesso di soggirono siano trasferite
agli enti locali, comuni innanzi tutto. «Ma secondo loro come facciamo a
scaricare il documento da internet?», spiega una signora in piazza. Il
malessere è diffuso e la possibilità di sentirsi parte di qualcosa [magari un
nuovo paese] è lontana più che mai. Da due anni i migranti sono costretti a
fare file estenuanti per pagare 72 euro per il rinnovo del permesso di
soggiorno, trafila che certo non migliora la condizione degli stranieri ma di
certo quella delle casse dello stato e delle Poste. Se il rinnovo diventasse
finalmente una pratica della pubblica amministrazione non ci sarebbe bisogno di
sborsare questa cifra e soprattutto si eviterebbe di trattare i migranti come
«qualcosa» di anomalo. In modo civile le centinaia di partecipanti al presidio
hanno chiesto di avere gli stessi diritti degli italiani autoctoni e così di
avere una ragione e una possibilità per migliorare la propria condizione
economica e sociale.

Le polemiche non si fermano qui. I toni si alzano quando
si parla del decreto flussi 2007 e quando si nomina la legge Bossi-Fini, tanto
criticata da questa maggioranza, che ancora non si è deciso ad abrogarla. Sono
ancora tanti, troppi, quelli che pensano «gli stranieri vengono qui a rubarci
il lavoro» e quindi che la loro presenza sia in qualche modo temporanea. Sempre
sabato in Via Paolo Sarpi [la cosiddetta chinatown milanese] hanno sfilato in
corteo i cittadini del quartiere stanchi del vicinato cinese. Se il governo
iniziasse a spiegare come i migranti siano parte integrante della società
italiana – dice qualcuno– forse non ci sarebbero più manifestazioni come quella
di via Paolo Sarpi, ma anche quella in Piazza Cordusio. Dopo tre ore di
presidio, prima che la manifestazione finisca, un ragazzo prende il microfono e
conclude «Voi pensate che io sia contento di essere considerato immigrato,
straniero, clandestino? Essere immigrato o essere italiano non è una scelta. E’
solo il caso».

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