Parole di Rom contro il razzismo. Un’assemblea a Roma
Cristina Formica – carta.org
rumeni. Nella notte di ieri è rimasto ferito un rumeno, in via del Monte delle
Capre a Roma: è tuttora ricoverato per diverse ferite da arma da taglio. Gli
aggressori sono fuggiti. Dal social forum rumeno arriva intanto un messaggio
preoccupato per il clima italiano, per la campagna di stampa e le misure prese
dal governo contro rumeni e rom. In un comunicato, Rsf ribadisce che «la
stragrande maggioranza del mezzo milione di rumeni che vive e lavora in Italia
è fatta di persone oneste che lavorano sodo, che hanno lasciato la propria
terra in cerca di lavoro e stipendi migliori».
«Ci dispiace che questo bastardo abbia ammazzato una
signora, che lavorava anche per noi stranieri. Noi rom abbiamo famiglia,
sappiamo cosa vuol dire perdere una moglie. Ma per un bastardo non devono
pagare tutti». Con queste parole Dae, rom rumeno in Italia da dieci anni,
esprime la sua opinione e quella di tanti altri rom sull’omicidio di Giovanna
Reggiani.
Alla riunione convocata a Villaggio Globale dal
coordinamento per Roma democratica e solidale, Dae era uno dei tanti
rappresentanti rom intervenuti in un’assemblea a cui erano presenti almeno
cento persone, di cui la maggioranza erano rappresentanti associativi. Era
tanto che a Roma non si vedeva una riunione così partecipata, ma l’allarme
sicurezza necessita di un impegno straordinario. Roma città aperta e
democratica nasce come comitato la scorsa estate, all’indomani dei patti per la
sicurezza sottoscritti dal primo cittadino Veltroni con la sua collega milanese
Letizia Moratti: da subito, le associazioni che hanno relazioni positive con i
rom presenti sul territorio romano hanno dato vita a questo gruppo, cercando di
arginare la xenofobia ormai manifesta verso tutti gli immigrati, oltre che
verso i rom.
Si sa che quest’ultimi sono un bersaglio facile: come
dichiara Marco Brazzoduro, esperto anche per lo stesso Comune degli interventi
realizzati negli ultimi quindici anni, «i rom sono i più deboli della catena
migratoria». Secondo lo stereotipo italiano [e non solo: il problema rom vale
per tutto il territorio dell’Unione europea, essendo la più grande minoranza
esistente attualmente], i rom sono brutti, sporchi e cattivi.
Al Villaggio Globale erano tante le comunità presenti:
quella di Castel Romano, volontariamente spostata nell’estate del 2006
dall’insediamento storico di Vicolo Savini, ed ora sempre più emarginati dopo
vent’anni di relazione con la città; quelli di Villa Troili, sgomberati sei
mesi fa dal loro accampamento abusivo; quelli di Campo Boario, cittadini
italiani peraltro, spostati per far posto alla Città dell’Altraeconomia, e che
ora vivono nel piazzale antistante il centro sociale che ha ospitato la
riunione.
Oltre ai rom, c’erano tutte le associazioni antirazziste,
i cittadini indignati da una campagna che insiste solo sulla paura del diverso,
piuttosto che creare conoscenza e solidarietà. Ci vuole poco così ad arrivare
agli agguati squadristi, alle punizioni esemplari di questi giorni: la destra
ha chiaramente terreno fertile da una minaccia falsificata, di cui i mass media
hanno grandi responsabilità.
Nel suo intervento, Dae ricostruisce la storia della sua
comunità: sono circa quaranta persone, tutte appartenenti ai rom musicisti,
«quelli che suonano sulle metropolitane. Siamo venuti in Italia per motivi
politici ed anche economici, e per il futuro dei nostri figli.Anche io
all’inizio chiedevo l’elemosina: cosa potevo fare appena arrivato, con tre
figli a cui dare da mangiare? Villa Troili era un campo di cui parlava tutta
Roma, ci eravamo fatti conoscere con la musica». Il campo ora è stato sgomberato,
i Rom si sono spostati poco più il là; Dae racconta che ogni tanto va la
polizia a fare i controlli, ma soprattutto ad insultare, inneggiando a
Mussolini. «Prendiamo le botte, ma stiamo zitti; viviamo in condizioni
impossibili, senza acqua né energia elettrica: ci scaldiamo bruciando legna,
andiamo con le taniche alla fontanella più vicina, che è a un chilometro».
Dae e la sua comunità hanno giusto questa settimana
parlato con il direttore della scuola più vicina al loro campo provvisorio, che
si è impegnato ad accogliere i bambini. La paura emerge da tutti gli
interventi: i rom di Campo Boario spiegano che hanno rimandato i loro bambini a
scuola dopo due giorni di assenza, «ma perché le donne hanno paura».
Le associazioni di migranti solidarizzano con i rom, e
sono disposte ad impegnarsi nell’immediato futuro per contrastare la politica
della paura: da subito, sin da oggi, quando si svolgerà la fiaccolata indetta
al Colosseo da Rifondazione comunista, Verdi, Comunisti Italiani e Sinistra
democratica.
Ma il Comitato si sta organizzando per un’iniziativa
forte, che sappia coinvolgere ogni singola persona, ogni piccola associazione,
che non vuole vivere nella paura per il diverso. Roma non è più insicura di
altre, insistere su un clima del sospetto non aiuta a confrontarsi sui reali
problemi della città. Bisogna partire dal monitoraggio della situazione dei
migranti, dai doveri ma soprattutto dai diritti delle persone. La solidarietà
ha bisogno di crescere, non di essere soffocata.