Intervista a Moni
Ovadia che lancia una proposta e denuncia l'ondata xenofoba e razzista: «E'
nazifascismo» «Diamo il Nobel per la
pace al popolo Rom» di Tonino Bucci
«Sono comportamenti nazifascisti. Non ho altre parole per
definirli. Guai a noi se sottovalutiamo questi fenomeni e guai alla sinistra se
non capisce che c'è un filo nero nella storia italiana, un problema irrisolto
della nostra memoria con il fascismo». Non ci prova neppure Moni Ovadia a
tenere sotto controllo l'indignazione. Impossibile per questo artista ebreo
nato a Plovdiv, in Bulgaria, e milanese per adozione, musicista e autore di
teatro, immaginare che ai giorni nostri si possa ancora inneggiare ai pogrom
soltanto perché c'è qualcuno che viene dall'altra parte di un confine.
Linciaggi, aggressioni, spedizioni punitive e, negli ultimi giorni, assalti di
ronde armate ai campi Rom di Pavia, Milano e Roma: c'è un escalation in questi
episodi che dimostra «uno scivolamento del senso comune». Già, non sono solo
gruppi isolati. Attorno a loro, nelle periferie dimenticate delle metropoli, si
respira approvazione. Si allentano tabù, crollano inibizioni, si incitano gli
aggressori, scompare persino la vergogna nel pronunciare frasi un tempo
impronunciabili. "Bruciateli vivi".
Ma perché gli zingari fanno tanta paura?
E' un fenomeno sotterraneo. Siamo tutti carini col diverso
quando ci fa comodo. Esserlo con gli ebrei, per esempio, va di moda. Perché? Ci
assomigliano molto di più che in passato, non sono più gli ebrei della
diaspora, quelli che inquietavano l'Occidente con la loro coscienza critica.
Sì, c'è ancora oggi qualche ebreo barbuto che rompe le scatole, ma eccezioni a
parte anche gli ebrei hanno il loro Stato e il loro esercito. Anche gli ex
fascisti si dichiarano loro difensori. Lo zingaro no, ci inquieta, mette in
scena lo straniero che è in noi. Lo zingaro oggi è l'alterità vera.
Rubano, stuprano, non lavorano, sono tutti uguali. I
luoghi comuni ci seducono quando sappiamo poco. O no?
Sono giudizi massivi senza distinzioni. Pochi sanno che
esistono comunità stanziali e rom italiani. Un tempo erano calderai e
artigiani, prima che fossero costretti ad abbandonare i mestieri tradizionali
per le continue vessazioni. Ma invece di approfondire la loro storia ci
limitiamo a parlare degli zingari solo come di un problema di ordine pubblico.
E invece i rom sono l'unico popolo sulla faccia della Terra a meritare per
davvero il premio Nobel per la pace: non hanno mai fatto la guerra ad altri
popoli, non hanno mai avuto un esercito. Non conosciamo la loro storia, abbiamo
persino dimenticato l'olocausto degli zingari.
Perché non c'è memoria?
Ai Rom sono mancati gli strumenti comunicativi. Non hanno
prodotto cultura all'esterno delle comunità.
Attenzione però a non cadere nello stereotipo opposto,
"sono tutti buoni". La qualità morale dell'essere umano non è
questione di "razze". No?
Dire che sono tutti bravi sarebbe una forma di razzismo al
contrario. Anche gli zingari hanno diritto come tutti gli altri popoli ad avere
i loro cattivi.
Come si risolve questo clima avvelenato che si respira
nelle città? Non con gli sgomberi e i mega-campi in periferia…
Non ci sono scorciatoie. Se vogliamo risolvere il
problema, dobbiamo investire quattrini. Incontriamo i Rom, parliamoci,
chiediamo come vogliono vivere, di cosa hanno bisogno nei campi. Bisogna
costruire mediazione, incontro. E invece i Comuni di soldi non ne vogliono
spendere. E allora giù con la repressione. Non costa nulla. Solo che i problemi
non li risolve. E se anche qualche Comune decidesse di spendere qualche soldo
ce la immagineremmo la propaganda della destra? Ma come, diamo soldi agli
zingari e lasciamo al verde i nostri pensionati? La destra italiana è sempre
affascinata da tentazioni neofasciste.
Italiani xenofobi: colpa di una destra che non ha fatto i
conti con il fascismo?
A me viene lo sconforto quando sento un Sarkozy in Francia
citare la Resistenza
antifascista. O Angela Merkel che celebra Brecht e come primo atto del suo
governo fa una legge per aumentare le tasse ai ricchi. Ma che destra abbiamo
noi? Va ancora avanti con lo stereotipo degli "italiani brava gente",
è ancora convinta che in Libia e in Etiopia abbiamo portato la civiltà. Ma
quando chiederemo scusa? Quando istituiremo una giornata per la memoria dei
crimini italiani? Avremo una democrazia incompleta fin quando nel senso comune
e nel linguaggio della nostra destra non entrerà la consapevolezza dei genocidi
commessi dagli italiani nei confronti di libici, etiopi e slavi.
Chiaro. Forse però anche a sinistra si può fare qualcosa
di più per far capire che la memoria e la Resistenza non sono cianfrusaglie del passato.
C'è stata sottovalutazione?
Bisogna fare di più. Abbiamo sentito equiparare fascismo e
antifascismo. Ci sono state campagne culturali contro la Resistenza. Hanno
parlato di riconciliazione delle memorie. Questi scivolamenti del senso comune
non vanno sottovalutati. Io dico: gli uomini si devono riconciliare. Ma le
memorie no. Il fascismo resta fascismo.
Intervista pubblicata su Liberazione del 22/09/2007