Ceuta, minori rimpatriati come immondizia

L’enclave spagnola in
Marocco è la porta per il traffico di esseri umani e droga. Ieri, il 5 febbraio
2008, è iniziato il processo all’ex prefetto della città Luis Vicente Moro,
implicato nel rimpatrio illegale di minori.

scritto
per Peacereporter da Giovanni Vegezzi

CeutaUn furgone anonimo, come
quelli che il comune usa per il trasporto della immondizia
, si ferma in mezzo ad una via.
Alcuni poliziotti scendono, e iniziano a identificare i ragazzini che si
trovano per la strada in quel momento. Sono immigrati e molti di loro non hanno
documenti. I poliziotti aprono le porte e li caricano a bordo: la destinazione
probabilmente la immaginano, tornano dall’altro lato della frontiera, in
Marocco. E’ la fine degli anni ’90 e siamo a Ceuta, con Melilla una delle due
enclavi che Madrid possiede ancora in terra marocchina. Ceuta non è esattamente
un pezzo di Spagna trapiantato sull’altra sponda del Mediterraneo, è qualcosa
di diverso, è qualcosa di più. La città autonoma è soprattutto la porta di
ingresso per i flussi migratori e per la droga proveniente dal Nord Africa. La
criminalità è così importante nell’economia locale, che secondo quanto si
racconta in città, quando in passato sono avvenuti arresti importanti di
narcotrafficanti, i gioiellieri si sono lamentati per la perdita di clienti.
Gli abusi e i rimpatri illegali di minorenni sono uno dei
metodi con cui in quegli anni viene gestito l’ordine pubblico in città, sotto
il controllo del prefetto Luis Vicente Moro e delle forze speciali di polizia
alle sue dipendenze, i "cachorros de Moro", i cuccioli del prefetto.

CeutaE’ il 1998 e Moro è
inviato dal Governo per porre un freno alla criminalità
. A Ceuta in quegli anni il narcotraffico
dilaga e la città è governata da politici collusi con la malavita. Se lo
scenario è da serie poliziesca, le maniere di Moro non sono da meno. La sua
mano dura si scontra fin da subito con le proteste delle associazioni per i
diritti umani. L’Associazione Andalusa per i Diritti Umani (Apdha) denuncia
subito i maltrattamenti nei confronti dei minori marocchini. Rafael Lara,
presidente dell’associazione, ci racconta di come vengono alla luce gli abusi.
Alcuni poliziotti, che non si adeguano ai nuovi metodi imposti da Moro,
iniziano a denunciare i rimpatri illegali e i maltrattamenti ai danni di minori
marocchini. Ma il sistema di potere messo in piedi dal prefetto è molto forte e
chi sporge denuncia riceve intimidazioni e viene sospeso dal servizio. Ostacoli
di ogni tipo vengono posti anche alle associazioni per i diritti umani, quando
cercano di portare avanti denunce contro gli atteggiamenti della polizia. Un
giudice, Francisco Tesòn, raccoglie queste accuse e inizia ad indagare sugli
abusi. Il prefetto però non sembra gradire. Fa confezionare delle prove false,
da cui emerge che Tesòn ha contatti con narcotrafficanti, le fa diffondere
dalla polizia e riesce a far pubblicare la notizia sul quotidiano spagnolo più
diffuso, El Paìs. Sono passati quasi dieci anni e l’attacco contro il giudice
ora si è dimostrato un boomerang. Un tribunale ha dato ragione a Tesòn, che
aveva querelato il prefetto: nello scorso ottobre Luis Vicente Moro è stato
condannato a due anni per calunnie, insieme ad altri funzionari di polizia suoi
complici. Questo potrebbe essere solo il primo passo. Il 5 febbraio è iniziato
a Ceuta il processo che si pronuncerà sui maltrattamenti e le espulsioni
illegali di minorenni. Grazie alle denunce delle associazioni per i diritti
umani e al lavoro della magistratura iniziano ad apparire i tasselli del
sistema di potere messo in piedi da Luis Vicente Moro, gli abusi commessi dalla
sua gestione dell’ordine pubblico e l’uso arbitrario delle forze di polizia.
Ora dalla giustizia si attende una parola definitiva sul prefetto che, inviato
a combattere la criminalità, rimpatriava minori a bordo di furgoni
dell’immondizia.

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