di Carmencita Pellettieri, Melfi (Potenza)
«Uomo» è la traduzione italiana del termine «rom» e
«uomini», con i rispettivi diritti politici, civili e sociali, sono i rom di
Melfi, illuminata civitas della Basilicata in provincia di Potenza. La
sedentarietà degli zingari melfitani risale a più di un secolo fa così come la
loro scolarizzazione, i matrimoni misti superano l’80 per cento e da un
ventennio i primi laureati gitani sono entrati attivamente in ogni settore
lavorativo altamente professionalizzato. Si può affermare, dunque, che Melfi
rappresenta un esempio di integrazione effettiva di due popoli, quello italiano
e quello rom. Che qui gode di tutti i diritti di cittadinanza.
Melfi, uno dei più importanti centri di memoria normanna,
è una città educata alla tolleranza dello «straniero» fin dal 1231, quando
Federico II di Svevia emise le Constitutiones Melphitanae, che disciplinavano
tutto ciò che riguardava il pubblico e il civile. Via Bagno di Melfi è il
quartiere rom, e proprio in questa strada convivono serenamente il passato e il
presente. Ci vive Dal Fonso Generoso, pensionato di 64 anni, i cui trisavoli
sono arrivati a Melfi nel 1840. Racconta di una breve parentesi infantile da
borseggiatore, le sue memorie scolastiche e il suo matrimonio con una donna
melfitana. Parla il romanì con i suoi e il dialetto melfitano con gli amici.
Elenca le regole gitane (al primo posto rispettare la donna, poi educare i
figli e stimare il prossimo), perfettamente coerenti, a suo dire, con quelle
della città in cui vive. Si ritiene melfitano, italiano ma ancora zingaro.
Sulla stessa strada vive una grintosa donna che, avendo sempre lavorato alla
segreteria comunale, ha avuto modo di occuparsi attivamente della politica
melfitana e di ogni istanza dei suoi cittadini. Per lei le uniche leggi sono
quelle derivanti dalla Costituzione italiana, ma rivendica fieramente le
origini zingare.
Il Manifesto -14.12.07