‘Io romeno no limits’ di Fabrizio Gatti

Il giornalista de ‘L’espresso
ha girato l’Europa. Con una finta identità di Bucarest per la quale era stato
espulso dall’Italia. Lavavetri alla Torre Eiffel, a Barcellona e a Monaco.
Senzatetto in Austria e persino a Montecarlo. Ma le polizie non lo fermano.
Ecco il suo reportage

Fabrizio Gatti, reportage de L' EspressoGiù lo zainetto. Fuori la
spazzola e la bottiglia di plastica piena d’acqua e sapone. Il traffico al
semaforo tra avenue de New York e Pont d’Iéna arriva a ondate. Puzza di benzina
il cuore della Parigi da cartolina. Davanti, il Palais de Chaillot. Dietro, la Senna. Sopra, la
vertigine mozzafiato della Tour Eiffel. Di lavavetri a questo incrocio forse
non ne hanno mai visti. È il posto migliore per provare. In tasca nessun documento.
Solo un decreto di espulsione della Prefettura di Lodi, scritto in due lingue,
italiano e inglese. È intestato a Roman Ladu, nato a Bucarest il 29 dicembre
1970. Un finto romeno: il nome Roman scelto tra i cognomi dell’elenco
telefonico di Vicenza, Ladu tra quelli di Nuoro. Ma l’assonanza sardo-veneta
poco importa. In questi tempi di xenofobia militante contro la Romania basta che
un’identità finisca per "u" e in Italia si è guardati con sospetto.
Figuriamoci qui, nella Francia di Sarkozy. Prima o poi arriverà la polizia.
Perché questa è la Francia
del pugno di ferro, delle espulsioni, del rigore citato come esempio dalla
politica nostrana. Il Paese da imitare, con Germania, Austria e Spagna. Poi si
è aggiunto il pacchetto sicurezza del governo con la decisione di dare più
potere ai sindaci. E si è visto in che modo i Comuni del lombardo-veneto
abbiano già approfittato dell’occasione. Bisogna indossare i panni dello
stereotipo per scoprire cosa succede sui marciapiedi fuori dall’Italia. E
provare a diventare ciò che il nostro Paese della mafia, della camorra, della
‘ndrangheta e del record di corruzione ha sostituito nell’immaginario
collettivo del pericolo nazionale: un cittadino europeo, senza documenti, senza
lavoro, senza casa, senza fissa dimora, nomade e nato in Romania.

Dieci giorni in giro per
l’Europa, su e giù tra piazze, treni e stazioni. Da Milano a Parigi. E poi
Stoccarda, Ulm, Monaco di Baviera, Kufstein, Innsbruck, Verona, Milano,
Marsiglia, Montpellier, Barcellona, ancora Montpellier, Marsiglia, Nizza,
Montecarlo. E ritorno in Italia. Dal 21 novembre al primo dicembre. Cinque
controlli di polizia: in Germania, Austria, Francia e Spagna. Sempre con la
stessa intenzione: presentarsi come Roman Ladu, mostrare il decreto di
espulsione ed essere rimpatriato a Bucarest. Oppure fermato per immigrazione
clandestina: perché nell’archivio centrale delle polizie dell’area Schengen il
finto nome romeno è associato all’alias iracheno di Bilal Ibrahim el Habib.
Così dovrebbe risultare dopo i reportage sotto copertura nel centro di
detenzione di via Corelli a Milano nel 2000 e in quello di Lampedusa nel 2005.
Invece il costoso cervellone europeo non scopre nulla. E alla fine la risposta
è sempre la stessa: «Grazie, può andare». Quattromila chilometri di libertà che
affossano ogni possibile efficacia delle espulsioni di cittadini europei, come
pretende il pacchetto sicurezza italiano. Perché la circolazione delle persone
in Europa è un principio sancito dai Trattati.

Così l’Italia della paura
rimane un caso isolato. E ogni Paese diventa un mondo a sé. In Germania, invasa
dalla ‘ndrangheta e scioccata dalla strage di Duisburg, sono gli italiani a
essere perquisiti. In Austria basta dire di voler arrivare a Verona per
tranquillizzare gli agenti e farla franca. Mentre a Barcellona è la polizia a
insegnare come chiedere l’elemosina senza infastidire i passanti. Un salto
indietro alla partenza. Stazione Centrale, Milano. Fuori è pieno di auto con i
lampeggianti blu. Una trentina di poliziotti controlla chiunque abbia un volto
leggermente diverso dai lineamenti italopadani. Qualcuno viene portato via. Due
italiani all’angolo guardano la scena e offrono sigarette di contrabbando ai
passanti. Sul Tgv per Parigi la polizia riappare al confine. Gli agenti di Bardonecchia
sono saliti davanti. La Paf,
la Police aux
frontières, arriva alle spalle. Si incontrano alla carrozza 5. Ma controllano
soltanto i passeggeri dalla pelle scura. Vengono fatti scendere un pachistano
perché ha un visto solo per l’Italia. E quattro ragazzi di colore. Un ispettore
contratta con un collega francese la restituzione di un senegalese. «L’abbiamo
fermato stamattina». Il francese non è convinto. «Guarda», dice l’ispettore,
«sul passaporto ha il timbro d’ingresso dell’aeroporto di Parigi. È vostro ».
Il graduato con la tuta blu della Paf osserva il timbro. «Sì, va bene. È
nostro». Uno almeno se lo devono prendere. La partita finisce 5 a 1 per la Francia. Roman Ladu
passa indenne. Nonostante la barba sfatta e gli abiti dimessi, la polizia di
solito non ferma i bianchi.

Fabrizio Gatti de L' Espreeo, reportageScheda –
Le crepe nel pacchetto sicurezza

Il pacchetto sicurezza del
governo funzionerà? Le norme stabilite soprattutto per il rimpatrio di
cittadini romeni sono applicabili? L’inviato de L’espresso, Fabrizio Gatti, per
dieci giorni con una finta identità ha fatto il lavavetri in giro per l’Europa:
da Parigi a Monaco di Baviera a Barcellona. E a ogni controllo di polizia ha
mostrato un decreto di espulsione dall’Italia intestato a Roman Ladu, romeno di
Bucarest, senza documenti, senza fissa dimora e senza lavoro. Risultato:
Gatti-Ladu è sempre stato rilasciato nel giro di pochi minuti e a Monte Carlo
ha perfino dormito indisturbato sul marciapiede della stazione. In Austria
basta dire agli agenti di volere arrivare in Italia per passare. In Germania,
scioccata dalla strage di Duisburg, sono gli italiani a essere perquisiti per
strada. In Spagna è addirittura la polizia a insegnare come chiedere
l’elemosina senza infastidire i passanti. In Francia i cittadini europei non
vengono controllati. Eppure, in un vasto schieramento che va da Silvio
Berlusconi a Walter Veltroni, proprio Francia, Germania e Spagna sono state
citate come esempio da seguire. Intanto, sul pacchetto sicurezza, il governo
rischia la crisi
.
Scheda –
La doppia identità che sfugge ai controlli

Fabrizio Gatti è schedato nelle
banche dati del Viminale anche con le due identità usate nelle precedenti
inchieste giornalistiche. La prima è quella di Roman Ladu, nato a Bucarest, con
la quale venne fermato a Milano nel 2000, rinchiuso nel Cpt ed espulso come
clandestino. Ma i vecchi decreti di espulsione per i romeni hanno perso ogni
valore con l’ingresso del Paese nella Ue. Gatti è stato poi rinchiuso nel Cpt
di Lampedusa nel settembre 2005 dove si presentò come Bilal Ibrahim el Habib,
iracheno: anche allora fu schedato ed espulso. Nel database di Schengen –
creato per difendere le frontiere europee – dopo il confronto delle impronte
digitali adesso è Ladu alias Bilal. Una doppia identità che dovrebbe far
scattare l’allerta in tutta l’Unione, ma che non è emersa dalla verifica della
polizia tedesca e austriaca: il segno di una rete aperta a ogni minaccia.
D’altronde tutti gli agenti che lo hanno fermato attraverso l’Europa si sono
fidati del vecchio decreto di espulsione italiano, privo di foto: un documento
che chiunque poteva comprare o rubare. Anche i romeni espulsi con le nuove
leggi dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani. Ma soprattutto il reportage di
Gatti dimostra la diversa tolleranza verso gli immigrati romeni: nessuno in
Francia, Germania, Spagna punisce senzatetto e mendicanti. Basta che non
commettano reati.

Scheda –
Diaspora da Bucarest

Secondo i dati ufficiali, sono
quasi 3 milioni e mezzo i romeni che hanno lasciato il Paese dopo il 1989. Da
un lustro l’Italia è la loro meta privilegiata: per l’Istat i residenti sono
342 mila (statistica ferma al 1 gennaio 2007), ma secondo stime ufficiose con
gli ingressi non registrati oggi si supera ormai il mezzo milione di presenze.
In Germania, secondo fonti della stampa romena, vivono – comprendendo anche i
nomadi di etnia rom – circa 550 mila romeni, mentre in Francia si parla di 300
mila unità. In Spagna, che nell’ultimo anno come dinamica dei flussi avrebbe
battuto persino l’Italia, i cittadini regolari nati a Bucarest e dintorni sono
520 mila, ma lo stock cresce quasi del 100 per cento se si calcolano anche gli
irregolari. In Gran Bretagna le stime parlano di 50 mila persone residenti, di
cui la gran parte alloggia a Londra: il 30 per cento lavora nel campo edilizio,
ma si contano anche molti studenti. Dei 35 mila immigrati che vivono in Belgio
la metà risiede a Bruxelles (senza contare i funzionari che lavorano negli
organismi internazionali), mentre in Grecia (stime Ue 2001) sono emigrate solo
22mila persone. Particolari i rapporti con l’Ungheria: le statistiche europee
parlano di 55 mila immigrati regolari, ma spesso i romeni si comportano come
normali pendolari: partono la mattina dalle città di confine, per poi rientrare
la sera o nei weekend. Impossibile, dunque, stabilire il numero preciso di
fuoriusciti

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